Terzo seminario dei “Laura Bassi” Colloquium Series

Mega ciao!

Oggi alle 14:30 su zoom e sul canale YouTube di EDU INAF ci sarà la terza conferenza dei “Laura Bassi” Colloquium Series. Mirjana Povic ci parlerà di “Green valley galaxies and the role of AGN in galaxy evolution”. La conferenza sarà in inglese e vi ricordo che potete interagire con la relatrice scrivendo le vostre domande tra i commenti del video YouTube o attivando direttamente il microfono su Zoom. Per maggiori info cliccate sul link qui sotto.

A presto!

Sara

https://sites.google.com/inaf.it/laurabassiseries

SOLUZIONE ASTROQUIZ 2: gli ammassi stellari giovani e massicci

Mega ciao!

Grazie per aver giocato con noi!

SOLUZIONE ASTROQUIZ 2

Vi avevo chiesto dove si trovano gli ammassi stellari giovani e massicci. La risposta corretta è: nel piano galattico. Infatti è lungo il piano della nostra galassia che si trova la maggior concentrazione di nubi molecolari, cioè delle nuvole di polvere e gas interstellare da cui nascono le stelle. Le stelle più giovani quindi si trovano proprio lì! Nell’alone galattico invece troviamo gli ammassi globulari, insiemi di centinaia di migliaia di stelle vecchie legate gravitazionalmente tra loro. La cosa interessante è che gli ammassi stellari giovani e massicci sembrerebbero essere i progenitori degli ammassi globulari. E’ da notare però che non tutti sopravvivono. Infatti questi ammassi possono disgregarsi a causa di perdita di massa dovuta all’evoluzione stellare o all’evaporazione. Inoltre il passaggio di una nube molecolare gigante, un oggetto con una massa decisamente maggiore rispetto a quella dell’ammasso, può portare alla completa disintegrazione dell’ammasso.

A presto!

Sara

L’ammasso stellare Westerlund 1 (Image credits: NASA)

Buona Pasqua

Mega ciao!

In quest’immagine potete vedere la nebulosa uovo, una nube di gas e polvere situata nella costellazione del Cigno. La nebulosa riflette la luce della sorgente, una stella nelle ultime fasi della sua vita, e lo studio della polarizzazione della luce può darci informazioni sulla posizione della stella.

Auguri Spaziali di Buona Pasqua 🙂

A presto!

Sara

Egg Nebula (Image credits: NASA)

Surf sulla nebulosa Velo

Mega ciao!

Guardate che bella foto ha sfornato l’Hubble Space Telescope! E’ un pezzo della nebulosa Velo del Cigno, un residuo di supernova situato a circa 2100 anni luce di distanza da noi. Questa nube di gas è composta dal materiale espulso circa 10000 anni fa da una stella di circa 20 masse solari negli ultimi istanti della sua vita. Ovviamente il gas ha continuato a viaggiare nello spazio e si è espanso, quindi ora la nebulosa è talmente grande che è stata divisa in diversi pezzi denominati con sigle differenti. Osservarla con il telescopio dell’osservatorio del Novegno è pazzesco! Non ci sta tutta dentro l’oculare, quindi spostando il telescopio da una parte all’altra sembra di fare surf sul Velo del Cigno.

A presto!

Sara

Nebulosa Velo del Cigno (Image credits: NASA)

Urano ai raggi X

Mega ciao!

E’ stata scoperta radiazione X proveniente da Urano analizzando i dati ripresi dal Chandra X-ray Observatory nel 2002 e nel 2017. Nell’immagine qui sotto potete vedere i dati X (in rosa) sovrapposti all’immagine ottica ripresa dal telescopio Keck. Ma da dove viene la radiazione X di Urano? Si pensa che in parte sia dovuta alla diffusione di fotoni X provenienti dal Sole. Però gli astronomi stanno vagliando anche altre ipotesi. Una di queste dice che gli anelli di Urano potrebbero produrre raggi X, grazie alla collisione con particelle energetiche che circondano il pianeta. Lo studio della radiazione X di Urano è particolarmente interessante perchè il pianeta ha un asse di rotazione parallelo all’orbita, mentre il campo magnetico è inclinato di un angolo diverso. Capire l’origine della radiazione X di Urano potrebbe aiutarci a comprendere meglio l’origine dell’emissione X da buchi neri e stelle di neutroni.

A presto!

Sara

Urano (Image credits: NASA)

2I/Borisov: una cometa in visita da un altro sistema planetario

Mega ciao!

Poco tempo fa vi ho parlato di Oumuamua, il primo oggetto interstellare scoperto a visitare il nostro Sistema Solare. Nel 2019 ne è stato scoperto un altro: la cometa 2I/Borisov. Grazie ai dati raccolti dallo strumento FORS2 del Very Large Telescope, si è scoperto che la cometa è l’oggetto meno contaminato mai osservato. Questo significa che probabilmente non è mai passata vicino ad una stella, quindi la possiamo considerare come un relitto del disco protoplanetario originale.

I dischi protoplanetari sono dischi di polvere e gas, composti dal materiale della nube molecolare che non è collassato a formare la stella. Da queste strutture possono formarsi pianeti tramite accrescimento gerarchico di grani di polvere o tramite il collasso diretto del materiale. Si possono formare anche corpi più piccoli, come satelliti, pianeti nani, asteroidi e comete. Queste ultime sono formate da roccia, polvere e uno strato di ghiaccio. Quando si avvicinano ad una stella il ghiaccio si scioglie e libera nello spazio le polveri che vi erano intrappolate, che vanno a formare una delle code delle comete. Questo significa che ad ogni orbita le comete perdono materiale e si rimpiccioliscono.

Tornando a 2I/Borisov, l’analisi ha rivelato caratteristiche simili alla cometa Hale-Bopp, passata in prossimità della Terra negli anni ’90 (ricordate le sue due code? Erano una cosa pazzesca!). Questo suggerisce che l’ambiente in cui si è formata la cometa 2I/Borisov non fosse tanto diverso da quello in cui si è formato il Sistema Solare. L’analisi ha rivelato che la chioma della cometa è composta da grani compatti della dimensione di 1 mm. Inoltre, la quantità relativa di monossido di carbonio e acqua è cambiata drasticamente man mano che si è avvicinata al Sole, quindi la cometa è composta da materiale che si è formato in diversi luoghi del suo sistema planetario.

Sarà molto importante continuare lo studio e la ricerca di oggetti extrasolari in visita nel nostro Sistema Solare, perchè possono darci informazioni importanti sulla formazione dei sistemi planetari.

A presto!

Sara

2I/Borisov (Image credits: ESO)

Mini strutture nell’Universo primordiale

Mega ciao!

Cosa fanno gli astronomi per studiare le prime fasi di vita dell’Universo? Ottima domanda! Dai primissimi istanti dopo il Big Bang non ci arrivano fotoni, i quanti di luce che trasportano l’informazione attraverso l’Universo, in quanto all’epoca erano imprigionati in un plasma densissimo insieme alla materia. I fotoni si sono disaccoppiati solamente 380000 anni dopo il Big Bang, durante la cosiddetta epoca della ricombinazione, e da quel momento in poi sono stati liberi di viaggiare pressochè indisturbati nello spazio. Quindi come possiamo studiare i primi 380000 anni di vita dell’Universo? Si fanno simulazioni al computer basate sulle teorie. Le simulazioni sono forti perchè permettono di analizzare la formazione di strutture. Potete, per esempio, andare a vedere il collasso di una nube primordiale in una galassia, il collasso di una nube molecolare che porta alla formazione di stelle e sistemi planetari, oppure, se vi piacciono strutture enormi, potete andare a vedere la formazione di ammassi di galassie e della struttura su grande scala dell’Universo. Fantastico!

Adesso però viene il bello! Una simulazione recente ha permesso di andare a vedere gli istanti appena dopo il Big Bang. Si è scoperto che nel primo trilionesimo di secondo dopo questo grande evento si potrebbe essere formata una rete complessa di strutture, che imita la distribuzione di galassie nell’Universo. Questi oggetti hanno però una dimensione molto piccola e una massa di appena qualche grammo. Le strutture analizzate raggiungono masse di 20 kg e raggi dell’ordine 10-20 metri, circa 10-24 secondi dopo il Big Bang. Queste strutture sembrano vaporizzarsi in un tempo molto breve, ma potrebbero essere viste in esperimenti futuri. In particolare, potrebbero originare il rumore di fondo di onde gravitazionali e formare piccoli buchi neri. Questo avrebbe delle conseguenze osservabili e non è escluso che queste strutture possano essere parte della materia oscura.

A presto!

Sara

Simulazione della formazione di strutture cosmiche negli istanti successivi al Big Bang (Image credits: University of Gottingen)

Mega ciao!

Vi ricordate di Oumuamua? E’ stato il primo corpo interstellare scoperto all’interno del Sistema Solare. Le osservazioni hanno portato a determinarne i parametri orbitali e le caratteristiche fisiche, ma il dibattito sulla tipologia di oggetto interstellare è ancora molto acceso. Per via della sua forma un po’ strana si è parlato di navicella aliena, di un pezzo di una tecnologia aliena sofisticatissima, di asteoroide o cometa proveniente da un sistema planetario vicino. L’ipotesi navicella aliena è da scartare (scusate se vi ho illusi). Secondo uno studio pubblicato proprio in questi giorni Oumuamua potrebbe essere il frammento di un pianeta nano. Infatti risulta essere composto per la maggior parte da azoto solido.

L’azoto ghiaccia a temperature bassissime (circa -210°C) ed è stato scoperto dalla sonda New Horizons in enorme quantità su uno dei corpi esterni del Sistema Solare: il mitico Plutone. Su questo pianeta nano la regione più chiara, che assume la forma di un cuore o del muso di Pluto, è composta da ghiaccio d’azoto, su cui ci sono delle montagne di ghiaccio d’acqua che se ne vanno a spasso da una parte all’altra a seconda della stagione.

Per questo motivo si pensa che Oumuamua potrebbe essere un pezzo di un pianeta nano extrasolare che per qualche motivo (uno scontro con un asteroide o la distruzione del pianeta) si è staccato dal corpo d’origine. Questo riuscirebbe a spiegare le sue caratteristiche fisiche come la forma molto piatta, la perdita di materia e la bassa densità.

A presto!

Sara

Rappresentazione artistica di Oumuamua (Image credits: ESO)

Il suono delle immagini

Mega ciao!

Vi ricordate che tempo fa vi avevo mostrato una foto piena di pallini colorati? Nell’immagine, ripresa dal Chandra X-ray Observatory, ogni puntino colorato rappresentava un buco nero in accrescimento. Questi oggetti sono ben visibili in banda X perchè nelle regioni interne del disco il materiale raggiunge temperature molto elevate. Gli astronomi hanno fatto una cosa interessante: hanno convertito l’immagine in suoni. Qui sotto trovate il video che vi fa sentire il suono del Chandra Deep Field South. In particolare, i colori più rossi vengono tradotti in toni più bassi, mentre i colori verso il viola assumono tonalità più alte. La luce bianca viene riprodotta come rumore bianco.

Buon ascolto!

A presto!

Sara

Il suono del Chandra Deep Field South (Video credits: NASA)

Getti extragalattici da un buco nero supermassiccio

Mega ciao!

L’immagine qui sotto è stata ottenuta combinando i dati ottici, infrarossi, X e radio della galassia Centaurus A, situata a circa 13 milioni di anni luce di distanza. Osservazioni a diverse lunghezze d’onda permettono di ottenere informazioni migliori sulle caratteristiche fisiche dell’oggetto osservato e consentono quindi di calcolare limiti migliori sui suoi parametri. Centaurus A è una galassia un po’ particolare: vedete che ha una forma strana? Questo è dovuto al fatto che circa 100 milioni di anni fa due galassie si sono fuse tra loro, originando la galassia che osserviamo oggi. Centaurus A è dotata di un nucleo molto attivo, composto da un buco nero supermassiccio circondato da un disco di accrescimento e da un toro di polvere. Dal buco nero si dipartono dei getti che sparano materiale nello spazio extragalattico a velocità estremamente elevate. I getti di materia che si dipartono dai buchi neri supermassicci possono raggiungere dimensioni elevatissime: pensate che possono essere lunghi anche 3 milioni e 260 mila anni luce (1 megaparsec).

Servono però ulteriori osservazioni per riuscire a capire bene i fenomeni che avvengono in prossimità del buco nero supermassiccio. Qui entrerà in gioco il James Webb Space Telescope, che sarà lanciato nello spazio a ottobre. Il James Webb infatti, operando nell’infrarosso, riuscirà a penetrare attraverso le bande di polvere della galassia e ad osservare con una qualità mai vista prima le regioni in prossimità del buco nero. Le osservazioni ci daranno delle informazioni importantissime che ci permetteranno di comprendere meglio i fenomeni di accrescimento e di produzione dei getti di materia.

Preparatevi psicologicamente perchè il James Webb vi regalerà delle scoperte astronomiche pazzesche!

A presto!

Sara

Centaurus A (Image credits: NASA)