SOLUZIONE ASTROQUIZ 9: dove troviamo i buchi neri?

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 9
Vi avevo chiesto dov’è più probabile trovare un buco nero. La risposta giusta è: nell’alone galattico. Infatti nei pressi del Sistema Solare, cioè ad alcuni anni luce di distanza, al momento non ne sono stati scoperti. L’alone galattico è formato da stelle molto vecchie che spesso si raggruppano a formare ammassi globulari, cioè insiemi di centinaia di migliaia di stelle che vediamo molto vicine in una struttura praticamente sferica. Negli ammassi globulari, che sono molto densi, è possibile che si siano formati sistemi binari di buchi neri. Questi oggetti collassati possono trovarsi in sistemi instabili, perdere momento angolare, spiraleggiare l’uno verso l’altro e infine fondersi tra loro. Il rinculo prodotto dalla fusione può far superare all’oggetto risultante la velocità di fuga dall’ammasso e scagliarlo quindi nell’alone galattico. La cosa interessante è che questi buchi neri, che vagano per conto loro nell’alone, risultano molto difficili da individuare. Come mai? Beh, i buchi neri sono neri. Se durante l’epulsione dall’ammasso non si sono trascinati dietro un po’ di gas o qualche stella risulterà impossibile riuscire ad individuarli. Vi ricordo infatti che i buchi neri vengono individuati con metodi indiretti, cioè non si osserva direttamente l’oggetto ma gli effetti che ha sull’ambiente circostante. Tantissimi buchi neri vengono individuati grazie all’emissione in banda X del disco di accrescimento, un disco di gas e polvere che spiraleggia verso in buco nero e raggiunge temperature elevatissime nelle regioni interne. Un altro metodo per scoprire i buchi neri è osservare le orbite delle stelle: se una stella compie un’orbita ellittica attorno ad un punto in cui non c’è nulla, in base ai parametri orbitali potete calcolare la massa all’interno dell’orbita stessa. In questo modo è stato scoperto che al centro della nostra galassia c’è un buco nero supermassiccio, con una massa di circa 3 milioni e 610 mila masse solari.
Vi ricordo che domani alle 18:00 ci sarà un altro Astro Aperitivo in diretta Facebook. Questo giro vi parlerò delle scoperte fatte negli ultimi 30 anni dal Telescopio Spaziale Hubble.
Vi aspetto numerosi!
A presto!

Sara

Sgr A*, il buco nero al centro della Via Lattea, e i suoi dintorni (Image credits: NASA)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 8: i buchi bianchi

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 8
Vi avevo chiesto se esistono i buchi bianchi. Erika nei commenti ha scritto che non sapeva cosa votare per dei motivi che vedremo tra un po’. In effetti era una domanda trabocchetto! La risposta non è nè si nè no, ma è BOH! Infatti i buchi bianchi sono previsti dalla teoria della relatività e sono una delle soluzioni delle equazioni di Einstein. Ma cosa sono questi buchi bianchi? Sapete tutti che nello spazio esistono i buchi neri, oggetti talmente massicci che deformano moltissimo la struttura dello spazio-tempo e non lasciano scappare nemmeno la luce. Potete considerarli come dei sensi unici spaziali: una volta arrivati in prossimità di un buco nero potete tranquillamente entrarci (attenzione che se ne scegliete uno formato dal collasso di una stella morirete malissimo), ma non potete uscire. I buchi bianchi sono sempre dei sensi unici spaziali ma che vanno nel verso opposto: qualsiasi cosa può uscire da un buco bianco ma non può entrarci! E’ stato ipotizzato che buchi neri e buchi bianchi siano collegati dal ponte di Einstein-Rosen, quindi la materia entrerebbe nei primi per uscire dai secondi. Forte vero? Peccato che i buchi bianchi non siano ancora stati osservati! Esistono quindi matematicamente ma non sono ancora stati scoperti fisicamente.
A presto!

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 7: le distanze delle galassie

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 7
Vi avevo chiesto come si trova la distanza di una galassia. La risposta corretta tra quelle elencate è: con il redshift. Infatti con la parallasse è possibile misurare la distanza solamente delle stelle più vicine, fino a circa 500 parsec. Cos’è il redshift e come lo possiamo utilizzare per calcolare la distanza di un oggetto? Il redshift è definito come lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali. Ora facciamo un passo indietro. Lo spettro di un oggetto si ottiene facendo passare la sua luce attraverso uno spettrografo. Quello che si nota è che la luce si scompone nei colori dell’arcobaleno, ma in alcuni punti si formano delle righe scure. Queste righe, chiamate rishe spettrali, rappresentano gli elementi chimici di cui è composto l’oggetto che stiamo osservando. Se l’oggetto si sta allontanando da noi le sue righe spettrali saranno spostate verso il rosso rispetto a quelle ottenute in laboratorio. Il redshift si ottiene dal confronto della lunghezza d’onda osservata con quella di laboratorio, usando questa semplicissima relazione:

z = (λ_oss – λ_lab) / λ_lab

dove λ_oss è la lunghezza d’onda osservata e λ_lab è quella di laboratorio.
Adesso, se la velocità radiale della galassia è molto minore della velocità della luce (c), possiamo usare la relazione approssimata che lega la velocità al redshift:

v = c*z

La velocità radiale della galassia è la somma di diversi moti:
– v_cosm, cioè la velocità cosmologica dovuta all’espansione dell’universo;
– v_p, velocità peculiare della galassia rispetto al sistema di riferimento in cui la radiazione cosmica di fondo è ferma;
– v_p,Gal, cioè la velocità peculiare della Via Lattea;
– v_Sole, velocità di rotazione del Sole attorno al centro galattico;
– v_riv, velocità di rivoluzione della Terra attorno al Sole (al mssimo è di 33 km/s);
-v_diurna, velocità del moto di rotazione della Terra attorno al proprio asse (al massimo è di 0.5 km/s).
Una volta trovata la velocità radiale calcoliamo v_cosm e usiamo la legge di Hubble per determinare la distanza:

d = v_cosm / H_0

dove H_0 è la costante di Hubble che vale circa 73 km/(s*Mpc).
Attenzione che questa relazione vale solo nel caso di velocità basse. Nel caso di velocità elevate le cose si complicano un po’ e dobbiamo introdurre delle formule molto carine che prevedono il calcolo di integrali #fantastico #amogliintegrali.
Raga, dal comando spaziale è tutto! Passo e chiudo!

Sara

Edwin Hubble
Redshift
NGC 6946 (Image credits: NASA)

Perchè i pianeti hanno luce fissa?

Mega ciao!
Ieri abbiamo parlato del motivo per cui le stelle scintillano e vi ho chiesto perchè invece i pianeti hanno luce fissa. Erika ha indovinato in parte! I pianeti si trovano molto più vicini a noi rispetto alle stelle. Questo cosa comporta? Abbiamo detto che l’atmosfera terrestre è composta da una serie di strati paralleli di vortici di una decina di centimetri di diametro. Il fronte d’onda, cioè la luce, che ci arriva dalle stelle lontane attraversa un solo vortice per ogni strato di atmosfera. A causa della rifrazione la sua luce viene deviata in direzioni diverse da ogni vortice (immagine sotto). Questo risulta nella scintillazione. I pianeti invece sono più vicini, quindi il loro fronte d’onda è spalmato su più vortici, per una larghezza che arriva anche a 5 metri, per ogni strato di atmosfera. Ogni vortice devia la luce e la passa allo strato successivo. Dato che la luce è distribuita su più vortici per ogni strato le deviazioni si compensano, quindi quando arriva al nostro occhio la luce dei pianeti appare fissa. Ovviamente vi ricordo che i pianeti non hanno luce propria come le stelle, ma riflettono semplicemente quella che gli arriva dal Sole.
A presto!

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 6: perchè le stelle scintillano?

Mega ciao!
Grazie a tutti quelli che hanno partecipato all’Astro Spritz di ieri! Vi ricordo che la prossima diretta dal titolo “Balle Spaziali” sarà il primo maggio alle ore 18:00 sempre qui. Vi assicuro che ci sarà da divertirsi! Vi ricordo anche che la diretta del 3 maggio sarà dedicata ai bambini. Sarà un evento particolare in cui la presentazione in power point sarà composta dai disegni astronomici fatti dai vostri figli, nipoti, pronipoti, amici dei figli, alunni, ecc… I disegni devono rappresentare una loro domanda astronomica. Me li potete inviare tramite mail, messaggio facebook o whatsapp entro il 1° maggio.
Finito il ripasso delle date dei prossimi eventi passiamo a cose astronomiche. Non mi sono assolutamente dimenticata che non vi ho ancora dato la soluzione dell’ultimo quiz! Quindi…
SOLUZIONE ASTROQUIZ 6
Vi avevo chiesto perchè le stelle scintillano. La risposta corretta è: per la turbolenza atmosferica terrestre. In particolare è il seeing astronomico a determinare la scintillazione delle stelle. Possiamo considerare l’atmosfera terrestre come un insieme di strati paralleli di mini vortici del diametro di una decina di centimetri. La luce che arriva dalle stelle, che sono molto lontane, attraversa un singolo vortice per ogni strato di atmosfera e, ad ogni attraversamento, viene deviata per effetto della rifrazione. Le deviazioni avvengono ad angoli casuali e provocano l’effetto di scintillazione. Ora però la domanda è: perchè i pianeti invece hanno luce fissa? Provate a pensarci e rispondete nei commenti. Nel prossimo post vi darò la soluzione a questo astronomico enigma 😉
A presto!

Sara

Vita in ambienti acidi: il Rio Tinto

Mega ciao!
Come abbiamo visto ieri la vita si può sviluppare in luoghi invivibili per l’uomo. In particolare abbiamo analizzato il lago Natron che, nonostante abbia un pH estremamente basico, ospita batteri e fenicotteri. Dall’altra parte della scala del pH troviamo soluzioni estremamente acide #adalienpiacequestoelemento. Nell’immagine qui sotto potete vedere il Rio Tinto, un fiume situato in spagna con un particolarissimo colore rosso #amosèpiacequestoelemento, dato dal ferro disciolto nelle acque. Questo fiume ha un pH estremamente acido, pari a circa 2,2. Si potrebbe pensare che nulla possa sopravvivere a queste condizioni. Invece in queste acque colorate vivono i batteri estremofili anaerobici, che si nutrono del ferro e dei solfuri presenti nelle rocce.
A presto!

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 5: pH e vita

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 5
Vi avevo chiesto se la vita riesce a svilupparsi anche in ambienti con pH molto acido o molto basico. La risposta giusta è: VERO. Ma cos’è il pH? E’ una scala di misura che indica l’acidità o la basicità di una sostanza. Ad esempio al liceo mi ricordo che ci facevano misurare il pH di una soluzione utilizzando la cartina tornasole. Questa cartina cambiava colore a contatto con il liquido, con una scala che andava dal rosso per le soluzioni estremamente acide al blu per quelle estremamente basiche. La scala del pH va da 0 (molto acido) a 14 (molto basico). Il pH neutro è 7. E’ stato notato che in alcune regioni della Terra, denominate ambienti terrestri estremi, la vita riesce a svilupparsi anche in condizioni invivibili per l’uomo, in cui i livelli di pH raggiungono valori critici. Nell’immagine qui sotto potete vedere il lago Natron, situato in Tanzania, che ha un pH compreso tra 9 e 10,5, quindi un pH molto basico. Quello che salta subito all’occhio è il colore rosso acceso di questo lago, dato dalla presenza di cianobatteri che cambiano colore per proteggersi dalla luce del Sole. Sebbene in questo lago le condizioni siano critiche per l’uomo, un particolare tipo di fenicotteri ha sviluppato un rivestimento alle zampe che gli permette di resistere al pH del lago. Una cosa interessante è che se un animale o un uomo dovesse morire in questo lago dopo poco tempo si ritroverebbe mummificato #adimhotepnonpiacequestoelemento. Una regione in cui invece il pH è estremamente acido ma la vita riesce a svilupparsi comunque è….
Lo scopriremo nella prossima puntata!
A presto!

Sara

Il Lago Natron

SOLUZIONE ASTROQUIZ 4: geyser su Titano

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 4
Vi avevo chiesto in quale satellite sono stati osservati dei geyser di metano. La risposta corretta è: su Titano! Titano è il satellite più grande di Saturno ed è stato esplorato dalla missione Cassini-Huygens. Quello che si nota dalle immagini riprese dalla sonda è che non si riesce a vedere la superficie del satellite. Infatti è completamente avvolto da una fittissima coltre di nuvole. Grazie al modulo di atterraggio Huygens e al radar presente a bordo della Cassini è stato possibile mappare la superficie di Titano. In particolare, Huygens ha scattato diverse foto mentre era in fase di atterraggio. Come potete vedere ci sono delle zone più chiare e altre più scure. Una volta atterrata la sonda ha trovato un terreno fangoso. Si è scoperto che su Titano ci sono fiumi e laghi di metano. Uno dei più grandi, il lago Kraken, ha una superficie di 400 mila km^2! Insomma se avete bisogno di un pieno andate su Titano che è gratis 😉 La Cassini ha scoperto inoltre la presenza di geyser che eruttano metano in atmosfera. Pensate che sul satellite c’è il ciclo del metano, come qui sulla Terra c’è il ciclo dell’acqua. Cosa vuol dire? Sapete tutti che qui sul nostro pianeta ci sono mari, oceani, fiumi e laghi. La loro acqua evapora, va nell’atmosfera, va a formare le nuvole e condensa in goccioline che cadono al suolo sotto forma di pioggia. In questo modo ritorna a far parte di laghi, fiumi, mari e oceani. Questo ciclo continua a ripetersi. Su Titano succede esattamente la stessa cosa, solo che al posto dell’acqua c’è il metano. Una cosa molto interessante è che il satellite ha più o meno la stessa atmosfera della Terra primordiale. Quindi è plausibile che se le temperature fossero state più elevate si sarebbe potuta sviluppare la vita come sul nostro pianeta. Nonostante questo non sia successo si pensa che potrebbero comunque essere presenti delle forme di vita basate sul metano. Infatti le condizioni proibitive per l’essere umano non devono trarvi in inganno: se non possiamo viverci noi non vuol dire che non ci possa vivere qualche essere alieno. Adesso vi starete chiedendo cos’ho bevuto stamattina, perchè scommetto che quello che ho appena scritto vi sembra assurdo. Ebbene vi assicuro che mi sono limitata ad una damigiana di caffè. La prova che degli organismi possono vivere in ambienti in cui le condizioni sono proibitive per la vita umana ci arrivano proprio dalla Terra, in particolare da quelli che vengono definiti ambienti terrestri estremi. Cosa sono?
Lo scoprirete nella prossima puntata!
A presto!

Sara

Titano (Image credits: NASA)
La superficie di Titano ripresa dalla Huygens in fase di atterraggio (Image credits: NASA)

La mappa di Venere

Mega ciao!
Abbiamo visto che essere degli astronomi su Venere sarebbe un po’ complicato: con i telescopi non riusciamo a vedere oltre le nuvole. Però siamo riusciti a dare un’occhiata da vicino alla superficie di questo pianeta grazie alle sonde Venera 13 e 14, che sono atterrate con successo. Il problema è che, viste le condizioni estreme, le due sonde sono morte dopo poco più di un’ora dall’atterraggio #RIP. A questo punto interviene la NASA, che nel 1989 ha spedito su Venere la sonda Magellano. La Magellano non è atterrata sul pianeta come le altre due sonde, ma è rimasta ad orbitargli attorno. Adesso vi starete chiedendo che senso ha, dato che dall’esterno non si riesce a vedere la superficie di Venere. Giustissima osservazione, ma la NASA lo sapeva benissimo quindi ha dotato la sonda di un radar. Il radar è uno strumento che invia un segnale che attraversa le nuvole, rimbalza al suolo e torna indietro. La sonda capta il segnale di ritorno e tutti i dati che si porta dietro. In questo modo è possibile mappare completamente la superficie di un pianeta! Pazzesco! Potete vedere le mappe prodotte nelle immagini qui sotto. Quella bella colorata, con tante regioni azzurre, è ovviamente in falsi colori che servono per evidenziare il dislivello tra le varie regioni. Dalle mappe prodotte si nota che ci sono un po’ di crateri prodotti dallo schianto di asteroidi. La cosa interessante però è che sono crateri molto giovani: il più vecchio ha solo 800 milioni di anni! Adesso vi starete chiedendo cos’ho fumato per dirvi che un cratere di 800 milioni di anni è giovane. La risposta corretta è: niente #LOL. Vi ho detto che è giovane perchè è proprio così. Posso capire che nella vita di un essere umano 800 milioni di anni siano un sacco di tempo, ma per l’universo assolutamente no! Per i crateri presenti sui pianeti e sui satelliti del Sistema Solare nemmeno. Infatti il Sole si è formato 4 miliardi e 700 milioni di anni fa, i pianeti circa 200 milioni di anni più tardi (quindi 4 miliardi e 500 milioni di anni fa). Quando il Sistema Solare si è formato era cosparso di asteroidi, cioè di giganteschi sassi spaziali che possono raggiungere dimensioni notevoli. Questi corpi sono andati ad impattare su tutti i pianeti e tutti i satelliti del nostro sistema, producento un sacco di crateri. Volete la prova? Stasera, se il tempo regge, alzate gli occhi al cielo (potete farlo tranquillamente dal balcone di casa, senza uscire…mi raccomando non andate a rischiare di prendervi il Coronavirus #gliastrofilirestanoacasa) e guardate la Luna. La maggior parte dei crateri che vedete sulla sua superficie sono la prova di questo grande bombardamento iniziale da parte degli asteroidi. Questo fenomeno, essendosi verificato quando il nostro sistema era appena nato, ha prodotto dei crateri miliardi di anni fa. Questo è il motivo per cui vi ho detto che crateri di 800 milioni di anni fa sono giovani. Ma se il grande bombardamento iniziale è avvenuto miliardi di anni fa perchè non troviamo crateri di miliardi di anni su Venere? Semplice: la superficie di Venere ha subito un ringiovanimento a causa delle colate laviche dei vulcani, che sono andate a ricoprire completamente i crateri più vecchi. Per oggi è tutto! Vi ricordo che domenica alle 15:00 farò la seconda diretta Facebook e vi parlerò di un po’ di argomenti astronomici (nemmeno il Coronavirus riuscirà a fermarci), partendo dalla spiegazione dell’ultimo ASTROQUIZ. Se avete delle domande o delle curiosità scrivetemi e cercherò di rispondere in diretta. In caso, per questioni di tempo, non riesca a rispondere domenica alla vostra domanda non disperatevi. Farò delle altre dirette quindi prima o poi la risposta arriverà!
A presto!

Sara

Mappa radar di Venere (Image credits: NASA)
Mappa radar di Venere (Image credits: NASA)

Astronomi su Venere

Mega ciao!
Ieri abbiamo visto che Venere non è la meta ideale per le vostre vacanze estive a meno che non vogliate andare incontro ad una morte molto dolorosa. Però potreste essere interessati a sapere com’è fatta la sua superficie. Come possiamo fare ad analizzarne le caratteristiche se dall’esterno l’unica cosa che riusciamo a vedere è la fittissima coltre di nuvole che ricopre completamente il pianeta? Fortunatamente negli anni ’80 russi e americani hanno risolto il nostro problema. Nel 1981 l’agenzia spaziale russa ha lanciato le sonde Venera 13 e 14, che sono partite alla volta di Venere. Le due sonde erano dotate di moduli d’atterraggio che sono atterrati senza problemi sulla superficie del pianeta e hanno scattato delle foto molto interessanti (immagine qui sotto). Come potete vedere il terreno di Venere è roccioso e il cielo è giallo a causa della fittissima atmosfera. Cosa ci dice questa immagine? Supponiamo di essere degli astronomi/astrofili nati su Venere. Ovviamente il nostro obiettivo è quello di studiare l’universo. Diciamo che, come Galileo, la prima cosa che facciamo è costruire un bel telescopio, a lenti o a specchi (ce n’è per tutti i gusti), e lo puntiamo verso il cielo. Appoggiamo l’occhio all’oculare e vediamo….giallo! Ma coooooomeeeee? L’atmosfera di Venere è talmente spessa che con il vostro povero telescopio ottico non riuscite a vedere al di là delle nuvole (proprio come in Novegno durante le osservazioni pubbliche non si riesce ad osservare nulla quando sale il nebbione in stile Silent Hill). E se invece di un telescopio ottico ne costruissimo uno che funziona ad una diversa lunghezza d’onda? Ad esempio, perchè non costruiamo un telescopio infrarosso? Forse nemmeno questa è un’idea geniale perchè su Venere dobbiamo fare i conti con una temperatura superficiale di 475°C, quindi con gli occhiali IR che aveva Tim in Jurassic Park probabilmente vedreste solo una grande macchia incandescente. Allora come facciamo da buoni abitanti di Venere a studiare lo spazio? Direi con i telescopi spaziali!
Abbiamo visto cos’hanno fatto i russi con le Venera 13 e 14. Gli americani invece…..
To be continued…
A presto!

Sara

La superficie di Venere ripresa dalle sonde Venera 13 e 14