70 vagabondi nella Via Lattea

Mega ciao!

La ricerca di pianeti extrasolari è uno dei campi più lanciati dell’astronomia moderna. Dalla scoperta dei primi tre pianeti rocciosi attorno ad una pulsar nel 1992, sono state sviluppate diverse tecniche di ricerca e intere missioni spaziali sono state destinate solamente a questo obiettivo. Di solito si cercano esopianeti nella fascia di abitabilità del proprio sistema planetario, cioè in quella regione in cui le temperature sono tali da permettere la presenza di acqua liquida. Perchè cerchiamo proprio lì?

Sapete che l’acqua è indispensabile per la vita come la conosciamo sulla Terra, quindi si pensa di avere più probabilità di trovare i nostri cugini “omini verdi” concentrando la ricerca in questa zona. Spesso però si trovano pianeti in regioni completamente diverse e che possono avere caratteristiche terribili per la vita, come WASP 76 b. Questo pianeta è un gioviano caldo in rotazione sincrona, le cui temperature sono tali da far piovere ferro. Ma i pianeti sono tutti in orbita attorno ad una stella?

La risposta è no! Esistono anche pianeti vaganti, cioè non legati gravitazionalmente ad alcuna stella. Vi dirò di più! Sono stati appena scoperti 70 pianeti gioviani vaganti nella nostra galassia. Di solito è praticamente impossibile ottenere immagini dirette di questi oggetti, ma il gruppo che li ha scoperti ha basato la ricerca sul fatto che nei primi milioni di anni della loro vita sono abbastanza caldi da brillare. I 70 pianeti sono collocati in una regione di formazione stellare tra le costellazioni dello Scorpione e dell’Ofiuco (la tredicesima costellazione dello zodiaco). Per scovare questi pianeti erranti sono state analizzate immagini riprese nel corso di 20 anni. In particolare, hanno misurato i moti, i colori e le luminosità di decine di milioni di sorgenti. Le più deboli sono state identificate come pianeti.

Lo studio di questi oggetti può fornire informazioni sulla loro origine. Sarà infatti interessante capire se sono stati espulsi da un sistema planetario instabile o se si sono formati direttamente isolati nello spazio da una nube troppo piccola per formare una stella.

A presto!

Sara

Le posizioni dei pianeti vaganti nella Via Lattea (Image credits: ESO)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 43: I Paradosso di Olbers

Mega ciao!

Hanno rinviato il lancio del James Webb Space Telescope al 25 dicembre, quindi preparatevi a passare il Natale con l’ansia. Dopo questa terribile notizia andiamo a vedere la SOLUZIONE ASTROQUIZ 43

Vi avevo chiesto perchè di notte il cielo tra le stelle è pressochè nero. La risposta corretta è: perchè la velocità della luce è finita e l’età dell’Universo non è infinita.La domanda riguardante il cielo nero ha fatto sbattere la testa a molti astronomi nel corso degli anni. Infatti secondo Newton noi viviamo in un Universo statico e infinito, pieno di stelle disposte in modo uniforme. In caso contrario, il buon Sir Isaac pensava che il destino dell’Universo sarebbe stato quello di collassare sotto l’azione della forza di gravità. Negli stessi anni, Edmund Halley era particolarmente preoccupato da questa teoria e si è posto il seguente quesito: “Se ci sono infinite stelle, perchè il cielo di notte è scuro?”. Qualche annetto dopo, nel 1823, Heinrich Olbers ha sviluppato ulteriormente quest’idea. Secondo lui se viviamo in un Universo infinito, trasparente e pieno di stelle, allora in qualsiasi direzione del cielo osserviamo troveremo una stella lungo la nostra linea di vista. Questa considerazione è totalmente in disaccordo con il fatto che il cielo di notte è buio ed è passata alla storia come il paradosso di Olbers. Ma come possiamo risolvere il dilemma?

Olbers pensava che la soluzione al paradosso risidesse nel fatto che lo spazio non è trasparente. Questo significa che abbiamo mezzo interstellare, cioè nubi di gas e polvere, tra una stella e l’altra che assorbono la luce stellare e rendono il cielo nero. Purtroppo Olbers non conosceva ancora i principi della termodinamica, quindi la sua risposta è sbagliata. Infatti, se l’Universo fosse permeato da materia oscurante, questa verrebbe scaldata dalle stelle, la sua luminosità si alzerebbe e raggiungerebbe la stessa intensità di quella stellare. Allora come si risolve il paradosso?

La prima risposta corretta è arrivata dal poeta Edgar Allan Poe. Secondo lui, visto che la velocità della luce è finita e l’Universo non ha un’età infinita, la luce delle sorgenti più lontane non ha ancora avuto il tempo di arrivare fino a noi. La soluzione è stata poi posta in termini scientifici da Lord Kelvin. In parole semplici, la soluzione del paradosso di Olbers è che l’Universo è troppo giovane per essere completamente riempito di luce.

A presto!

Sara

Heinrich Olbers

Disinformazione spaziale

Mega ciao!

Il 2022 sta arrivando e la disinformazione dilaga. Guardate un po’ che titolone ha sganciato “La Repubblica”. Sono veramente disgustata (questa parte è da leggere con la stessa tonalità di voce usata da Molly Wesleay nella strillettera inviata al povero Ron). Sfortunatamente non è l’unico giornale in cui sono apparsi di recente articoli simili: anche il Corriere ci ha dato dentro. Vediamo di analizzare la cosa.

L’astrologia è stata molto importante centinaia e migliaia di anni fa, quando non c’erano le tecnologie necessarie per comprendere i fenomeni celesti. Da quando il buon vecchio Galileo Galilei ha inventato il primo telescopio il discorso è cambiato. Avendo la possibilità di osservare meglio stelle e pianeti è stato possibile definire le loro caratteristiche fisiche. Vi dirò di più: con l’avvento della fotografia astronomica (in particolare dei CCD) e della spettroscopia siamo riusciti a determinare anche le distanze di questi oggetti. Con studi a diverse lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico e delle onde gravitazionali si riesce a capire con precisione quanta energia emette una stella e quanta ne arriva sulla Terra. Facendo i conti (occhio che per conti intendo quelli fatti usando le formule giuste e non cose a caso…se vi propongono calcoli che non contengono integrali ed equazioni differenziali allora state vedendo cose fatte a casaccio!) si trova che, data l’enorme distanza delle stelle, la loro influenza sulla vostra vita è inferiore a quella di una lampadina da 100 W. Secondo voi le lampadine da 100 W determinano l’andamento della vostra vita? Credo che la risposta giusta sia: solo se si fulminano e dovete andare al Brico a comprarne una nuova!

Il titolone qui sotto dice che “L’astrologia aiuterà la scienza del futuro”. Lo sentite anche voi questo rumore strano? Sapete cos’è? Sono Galileo, Newton, Einstein, Montanari e un sacco di altri astronomi che si rivoltano nelle loro tombe. L’astrologia non è una scienza, non ha basi scientifiche e l’unico aiuto che potrebbe dare alla scienza è quello di sparire. Adesso direte: ma nell’articolo del Corriere si parla di un fisico che è passato a fare l’astrologo, quindi ci sarà qualcosa di vero. La risposta è no! Anche Montanari, vissuto prima del 1700, faceva predizioni astrologiche (la differenza però è che lui era costretto). Ha pubblicato le predizioni per 9 anni, per poi spiegare in un libro come aveva preso in giro tutti quanti. Certo, questi libri si vendono bene…Ricordatevi che pianeti e stelle (tranne il Sole ovviamente) non influenzano la vostra vita. Sono troppo distanti! E’ imbarazzante che, alle soglie del 2022, i giornali diano spazio ad una materia che altro non è se non fumo negli occhi.

A presto!

Sara

(Image credits: La Repubblica)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 42: La funzione di luminosità degli ammassi globulari

Mega ciao!

Ho l’ansia…tra qualche giorno, se non sopraggiungeranno altre sollecitazioni impreviste, lanceranno il James Webb Space Telescope. Per evitare di pensare a tutto quello che può andare storto (il telescopio che cade per terra, esplosioni in rampa di lancio, esplosioni appena dopo il lancio, perdita di contatto, i pannelli che non si aprono quando arriva nel punto lagrangiano…che ansia) meglio tornare alla seconda parte della spiegazione dell’ASTROQUIZ 42.

Anche con gli ammassi globulari, insiemi di centinaia di migliaia di stelle legate dalla forza di gravità, si possono calcolare le distanze astronomiche. In particolare, questi oggetti possono essere osservati anche attorno ad altre galassie, situate a distanze elevate. Per esempio, con il mio lavoro di ricerca sto studiando il sistema di ammassi globulari di NGC 4696, una galassia ellittica supergigante situata nell’ammasso del Centauro a circa 45.3 milioni di parsec di distanza (circa 148 milioni di anni luce). A queste distanze gli ammassi globulari non sono più risolti in stelle, ma appaiono come sorgenti puntiformi. Possiamo studiare quindi la loro luce integrata sia con la fotometria, cioè con le immagini, sia con la spettroscopia, cioè con gli spettri. In questo modo si ottengono informazioni riguardo il colore, la magnitudine, la metallicità e la cinematica degli ammassi. Perchè è importante?

Soprattutto nel caso delle galassie ellittiche, in cui non c’è gas oppure è presente in quantità trascurabile, gli ammassi globulari permettono di tracciare la cinematica della galassia ospite a grandi distanze dal centro. In questo modo si ottengono informazioni sulla massa della galassia e si può stimare la quantità di materia oscura.

Ma torniamo alle distanze. Studiando un sistema di ammassi globulari si può calcolare la sua funzione di luminosità, che ci dice quanti ammassi ci sono per ogni intervallo di luminosità. Quello che si nota è che la funzione di luminosità degli ammassi globulari ha la forma di una gaussiana più o meno completa, con un picco ad una magnitudine assoluta in banda V pari a circa -7.5 mag. Conoscendo la magnitudine di picco e confrontandola con quella osservata è possibile stimare la distanza della galassia ospite.

A presto!

Sara

La funzione di luminosità degli ammassi globulari della Via Lattea

Sfiorando il Sole

Mega ciao!

Prima di tornare alla soluzione dell’astroquiz 42 (ci manca ancora da analizzare come gli ammassi globulari possono essere utilizzati per misurare la distanza di una galassia) voglio portarvi verso la nostra stella.

Due giorni fa Parker Solar Probe ha lasciato un segno indelebile nello studio del Sole, diventando la prima sonda ad entrare nella sua corona, la parte più alta dell’atmosfera solare visibile durante le eclissi totali. La nostra stella ovviamente non ha una superficie solida, ma è composta da gas (soprattutto idrogeno ed elio). Nel nucleo avvengono le reazioni di fusione nucleare, con cui quattro atomi di idrogeno vengono fusi in un atomo di elio. Perchè queste reazioni possano avvenire sono necessarie temperature estremamente elevate (si parla di milioni di gradi). Man mano che ci allontaniamo dal nucleo le temperature si abbassano. Questo gradiente è fondamentale per il trasporto di calore verso l’esterno. La temperatura della fotosfera solare è di appena 5537.8°C, ma torna a salire nelle regioni più esterne, superando il milione di gradi nella corona. Parte delle particelle del Sole vengono espulse tramite il vento solare, in quanto a grande distanza dal nucleo la forza di gravità e il campo magnetico sono troppo deboli per trattenerle. Il punto che segna la transizione tra l’atmosfera e il vento solare è chiamato superficie critica di Alfvén. Le particelle che attraversano questo punto danno il via al vento solare e trascinano il campo magnetico in giro per il nostro sistema planetario. Grazie alla Parker Solar Probe oggi sappiamo che la superficie critica di Alfvén si trova a circa 18.8 raggi solari, cioè circa 13 milioni e 76 mila chilometri. La sonda è passata più volte dentro e fuori la corona, scoprendo che non ha la forma di una sfera liscia e regolare, ma presenta picchi e valli. Determinare da dove arrivano queste protusioni ci aiuterà a capire come gli eventi sul Sole influenzano l’atmosfera e il vento solare. La sonda è scesa fino a 15 raggi solari ed è passata attraverso una struttura chiamata pseudostreamer, una struttura massiccia che sale dalla superficie solare ed è visibile durante le eclissi. Passare attraverso questa pseudostramer è stato come trovarsi nell’occhio di un ciclone. In questa regione il campo magnetico è abbastanza forte da dominare i movimenti delle particelle e, di conseguenza, si trova all’interno della superficie di Alfvén. La sonda continuerà a spiraleggiare vicino al Sole e raggiungerà una distanza di appena 8.86 raggi solari. Ci aspettiamo un sacco di scoperte interessanti!

A presto!

Sara

Flussi coronali (Image credits: NASA)

Notizie da un buco nero

Mega ciao!

Completeremo domani la spiegazione dell’ultimo astroquiz. Oggi volevo parlarvi di una notizia fresca di pubblicazione, del corso appena concluso e chiedervi una cosa importantissima!

Guardate che immagine pazzesca! E’ la regione vicino a Sgr A*, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Ottenuta grazie al Very Large Telescope Interferometer, combinando i dati di tutti è quattro i telescopi riflettori da 8.2 metri di diametro, questa è l’immagine più profonda del centro galattico. Pensate che l’ingrandimento è 20 volte superiore di quello ottenuto dalle osservazioni precedenti!

Vi ricordo che Sgr A* è stato oggetto di intensi studi a partire dagli anni ’90. In particolare, lo studio della stella S2, che vediamo compiere un’orbita ellittica attorno ad un punto in cui non si vede assolutamente nulla, ha portato alla scoperta del buco nero supermassiccio. Questa stella orbita attorno al centro galattico in circa 15.78 anni, con un pericentro a 17 ore luce e un semiasse maggiore di 5.5 giorni luce. Dai parametri orbitali e usando la terza legge di Keplero, Andrea Ghez e i suoi collaboratori hanno stimato la massa del buco nero, che è risultata di circa 4.1 milioni di masse solari.

Questo nuovo studio ha permesso la scoperta di una stella mai osservata prima, chiamata S300. Inoltre la stella S29 è stata osservata nel momento di minima distanza dal centro galattico. Pensate che è passata ad appena 13 miliardi di chilometri dal buco nero, alla velocità di 8740 km/s. Seguendo queste stelle nelle loro orbite risulta chiaro che si muovono esattamente come predetto dalla Teoria della Relatività Generale di zio Albert Einstein. Inoltre, è stato possibile stimare in modo più preciso la massa dell’oggetto compatto e la nostra distanza dal centro galattico, che sono risultate rispettivamente di 4.3 milioni di masse solari e 27000 anni luce.

Ah, che bello! Quanto mi piacciono i buchi neri!

Detto ciò, passiamo ad altro. Lunedì si è concluso il nostro Corso Base di Astronomia Online. Volevo ringraziare ancora tutti i partecipanti, che sono saliti a bordo della nostra astronave e hanno viaggiato con noi verso galassie lontane miliardi di anni luce 🙂

E adesso arriva la domanda fondamentale: sareste interessati ad un corso avanzato? Se sì, che argomenti vi piacerebbe venissero trattati? Scatenatevi nei commenti!

A presto!

Sara

La regione nei pressi del centro galattico (Image credits: ESO)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 42: Le candele standard

Mega ciao!

SOLUZIONE ASTROQUIZ 42

Vi avevo chiesto come si determina la distanza di una galassia. Questo giro tra le opzioni ce n’erano due di giuste: b e d, cioè con le candele standard e con gli ammassi globulari. In questo post analizzeremo la b. Cosa sono le candele standard?

Sono stelle particolari le cui caratteristiche possono essere utilizzate per determinare la distanza. Tra queste troviamo le stelle variabili Cefeidi, le RR-Lyrae e le supernovae di tipo Ia.Le prime due categorie sono stelle che variano la propria luminosità pulsando. Questo significa che ci sono dei periodi in cui si espandono e altri in cui si contraggono. La cosa interessante è che esiste una relazione che lega il periodo di variazione alla luminosità. Di conseguenza, dalle osservazioni possiamo determinare il periodo, con cui calcoliamo la luminosità che altro non è che una misura della magnitudine assoluta. Dal confronto con la magnitudine osservata (la magnitudine apparente) troviamo la distanza dell’oggetto. Le variabili Cefeidi sono state studiate approfonditamente da Henrietta Leavitt che, usando le lastre fotografiche dell’osservatorio di Harvard, ne ha scoperte qualche migliaio nella Grande Nube di Magellano, una delle galassie satellite della Via Lattea. E’ stata proprio lei la prima ad accorgersi che le stelle più luminose presentavano periodi di variazione più lunghi. Questa relazione è stata usata da Edwin Hubble per determinare la distanza della “Nebulosa” di Andromeda, che è risultata di 729 kpc (circa 2 milioni e 377 mila anni luce). Con questa scoperta Hubble ha risolto il Grande Dibattito sulla natura delle “Nebulose a spirale”. Le RR-Lyrae si trovano spesso associate agli ammassi globulari, insiemi di centinaia di migliaia di stelle legate gravitazionalmente. Dalle relazioni periodo-luminosità calibrate su variabili vicine è possibile ottenere distanze di galassie fino a 10 milioni di parsec.

Le supernovae di Tipo Ia sono considerate candele standard in quanto sappiamo esattamente che luminosità dovrebbero raggiungere e dal confronto con la luminosità osservata possiamo determinare la distanza. Come facciamo a sapere che luminosità dovrebbero avere?

Le supernovae di Tipo Ia esplodono sempre da stelle che hanno tutte la stessa massa e….rullo di tamburi…non sono massicce. Come?!!! Eh già! La loro particolarità è che si generano da una nana bianca che, accrescendo la sua materia da una stella compagna, raggiunge una massa critica, chiamata massa limite di Chandrasekhar (1.46 masse solari). Tutte queste supernovae quindi esplodono da nane bianche di 1.46 masse solari. Forte vero? L’esplosione disintegra completamente la stella, senza lasciarsi dietro residui compatti, e raggiunge luminosità elevatissime, che permettono di identificarle a distanze di miliardi di anni luce.

Come possiamo usare gli ammassi globulari?

Lo scopriremo nella prossima puntata.

A presto!

Sara

RCW 86 (Image credits: NASA)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 41: L’influenza delle stelle

Mega ciao!

SOLUZIONE ASTROQUIZ 41

Vi avevo chiesto se le stelle possono influenzare la nostra vita. La risposta corretta è: Solo alcune. Attenzione però che non intendo assolutamente dire che essere nati in una costellazione zodiacale piuttosto che in un’altra abbia un qualche effetto sulla vostra esistenza. Le costellazioni non vi influenzano in alcun modo (le stelle sono troppo lontane). Quando dico che alcune stelle vi influenzano (o vi possono influenzare) mi riferisco al Sole, alle supernovae esplose miliardi di anni fa e a quelle che potrebbero esplodere in futuro. Ma andiamo a vedere meglio i diversi casi.

Il Sole, la stella più vicina alla Terra situata a circa 150 milioni di chilometri di distanza, è abbastanza vicino da regolare l’alternarsi del giorno e della notte. Inoltre, in base all’inclinazione con cui i suoi raggi colpiscono la superficie della Terra saremo in una stagione piuttosto che in un’altra. L’influenza gravitazionale del Sole unita a quella della Luna, situata ad appena 384 mila chilometri di distanza, provoca le maree. L’interazione delle particelle del vento solare con il campo magnetico terrestre provoca gli spettacolari fenomeni delle aurore boreali e australi. Tra circa 5 miliardi di anni il Sole si espanderà in una gigante rossa, inglobando l’orbita terrestre o fermandosi appena prima (dipende dal modello considerato). Di conseguenza la Terra sarà completamente distrutta o la sua atmosfera sarà spazzata via.

Le esplosioni di supernovae passate sono state particolarmente importanti. Adesso starete pensando: cosa mi interessa di una o più esplosioni stellari avvenute ben prima della formazione del Sistema Solare? Ebbene, sono esattamente il motivo che ha determinato la vostra esistenza. Infatti, il mezzo interstellare primordiale era composto solo da idrogeno ed elio (c’era anche litio, ma in una quantità talmente bassa da poter essere trascurata). Il carbonio, l’ossigeno, il ferro e tutti gli altri metalli (occhio che noi astronomi siamo strani, quindi per noi i metalli sono tutti gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio) non esistevano. Le stelle bruciano il loro carburante, che all’inizio è idrogeno, tramite reazioni nucleari e, per reazioni successive, producono elementi sempre più pesanti. Le stelle più massicce arrivano ad avere un nucleo composto da ferro e nichel. A questo punto esplodono in supernovae, liberando nello spazio gli strati del loro inviluppo. Il materiale va quindi ad arricchire il mezzo interstellare di elementi pesanti, da cui si formano altre stelle, pianeti e, in alcuni casi, la vita. Tutti gli elementi di cui è composto il vostro corpo arrivano dalle stelle! Ma c’è di più. Per scatenare il collasso della nube molecolare che ha portato alla formazione del Sistema Solare ci sono due processi possibili: lo scontro con un’altra nebulosa o l’onda d’urto proveniente dall’esplosione di una supernova vicina. Quindi è probabile che le supernovae abbiano portato alla formazione del nostro sistema.

Le esplosioni future possono influenzare la vostra vita in un solo caso: se la supernova è troppo vicina al Sistema Solare. Infatti, il risultato sarà di abbassare la ionosfera terrestre provocando l’estinzione della razza umana! Ottimo! Speriamo che non succeda.

Questi sono gli unici tre casi in cui le stelle influenzano la vostra vita, a meno che non siate astronomi e astrofisici. In questo caso infatti le stelle influenzano tutto, perchè dedichiamo la nostra vita a cercare di comprendere le leggi fisiche che regolano l’Universo. Se qualcuno vi dice che le costellazioni influenzano la vostra vita e vi propone oroscopi/temi astrali sappiate che dietro non c’è nessun fondamento scientifico. Questo si sa già da secoli. Pensate che l’astronomo Geminiano Montanari (1633-1687) veniva costretto a pubblicare predizioni astrologiche. La cosa forte però è che, dopo 9 anni di pubblicazioni che andavano a ruba grazie ai soliti creduloni, ha scritto un libro in cui parla di come dietro alle predizioni non ci sia nulla di scientifico e di come si sia inventato tutto di sana pianta. Adesso direte: si, vabbè, ma cosa ne poteva sapere un astronomo di qualche secolo fa? Evidentemente aveva un gran bel cervello, perchè oggi sappiamo che aveva perfettamente ragione. Con l’avanzare delle tecnologie è stato possibile capire a che distanza si trovano le stelle, come evolvono, quanta energia emettono e un sacco di altre cose interessanti. La conclusione a cui siamo giunti è che le costellazioni non ci influenzano!

A presto!

Sara

Buchi neri supermassicci Vol. 3

Mega ciao!

Abbiamo visto che le prime stelle potevano raggiungere masse molto elevate, avere un’evoluzione veloce e collassare in buchi neri massicci. Questi oggetti compatti in seguito ad accrescimento o fusione con altri buchi neri potevano diventare supermassicci. Per spiegare alcuni quasar osservati ad alti redshift, cioè quando l’Universo era molto giovane, è stato proposto anche un altro scenario molto esotico: il collasso diretto di un alone di materia oscura.

In questo caso, per spiegare la formazione delle prime strutture cosmiche, è stata introdotta una variazione al modello Lambda-CDM, cioè il modello con materia oscura fredda e costante cosmologica. In particolare, questa variazione prevede l’esistenza di materia oscura fredda e materia oscura auto-interagente. All’interno di un alone di materia oscura, quella auto-interagente provoca il collasso gravotermico e la successiva catastrofe gravotermica. Cosa significano questi paroloni?

Il collasso gravotermico si verifica quando materia ed energia vengono sottratte da un sistema di punti materiali gravitazionalmente legati. In un sistema del genere quando si sottrae energia le particelle diventano più legate gravitazionalmente e la temperatura cresce. Se abbiamo una differenza di temperatura tra le zone esterne e quelle interne, provocando trasporto di calore e materia verso l’esterno, portando al restringimento delle regioni interno dell’alone e ad un ulteriore aumento della temperatura. A questo punto possono succedere due cose: l’equilibrio può essere ristabilito oppure no. Nel secondo caso, chiamato catastrofe gravotermica, il collasso continua e porta alla formazione di un buco nero di materia oscura molto massiccio, che può ovviamente accrescere la sua materia dalle regioni circostanti. Confrontando questo modello con le osservazioni è stato possibile spiegare la presenza di tre quasar ad alto redshift.

A presto!

Sara

Darth Vader (Image credits: Lucas Film)

Buchi neri supermassicci Vol.2

Mega ciao!

Uno degli scenari più esotici proposti per spiegare la formazione dei buchi neri supermassicci è quello delle “Dark Stars” (Stelle Oscure) #aDarthVaderpiacequestoelemento. In questo caso, oltre alle stelle di Popolazione III, nell’Universo giovane abbiamo la formazione di stelle sostenute dalla materia oscura. Cosa significa?

Mentre le stelle di Popolazione III, come quelle all’epoca attuale, sono sostenute dai processi di fusione nucleare o dalla contrazione gravitazionale, nel caso delle Stelle Oscure l’energia è fornita da processi di annichilazione della materia oscura. In particolare, il nucleo di queste stelle è costituito dalle WIMPS, le particelle massive debolmente interagenti, che sono state proposte come componenti della materia oscura. Le Stelle Oscure sono più grandi di quelle normali e non emettono radiazione ultravioletta, ma l’emissione avviene nell’infrarosso. Questo è importantissimo perchè di solito è la radiazione UV che contribuisce a spazzare via i residui della nube molecolare dai dintorni della stella, quindi il materiale si accumula nei pressi delle Dark Stars e spiraleggia verso di esse, andando ad accrescerne la massa. In questo modo, in circa 100 milioni di anni le stelle possono accrescere fino a masse di 100 mila masse solari. Alla fine della loro vita, quando l’energia fornita dall’annichilazione della materia oscura viene meno, collasseranno in buchi neri massicci che aumenteranno la propria massa tramite processi di accrescimento o fusione con altri buchi neri. Ma le stelle oscure esistono veramente?

Bella domanda! Visto che emettono nell’infrarosso, si pensa che con il James Webb Space Telescope, che sarà lanciato il 18 dicembre (mancano solo 13 giorni!!!!), si riuscirà ad osservarle. Speriamo che tutto prosegua secondo i piani, che il lancio proceda bene e che i pannelli del telescopio si dispieghino senza problemi.

A presto!

Sara

Darth Vader e la Morte Nera (Image credits: Lucas Film)