La legge di gravitazione universale

Mega ciao!

Passato bene il weekend?

Abbiamo visto le tre leggi di Newton e la scoperta della forza di gravità. Il buon Sir Isaac però ha fatto un passo in più: ha determinato la forza con cui due corpi dotati di massa si attraggono nello spazio. Questa forza è descritta dalla legge di gravitazione universale. Consideriamo due oggetti nello spazio: Giove, che ha una massa mG, e il Sole, che ha una massa MS. Giove e il Sole sono separati da una distanza r. Newton ci dice che la forza con cui Giove e il Sole si attraggono è

Fg = G * mG * MS / r2

dove G è la costante di gravitazione universale e vale 6.67*10-11 N m2 / kg2.

Cosa ci dice questa formula?

La forza con cui si attraggono due oggetti massicci nello spazio è direttamente proporzionale al prodotto tra le masse dei due oggetti ed è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. In pratica, questa forza sarà molto più intensa nel caso di oggetti molto massicci e molto vicini. La forza diventerà più debole man mano che ci allontaniamo dall’oggetto considerato. Cosa ne dite se facciamo quattro conti? Giove e il Sole hanno una massa rispettivamente di circa 1.898*1027 kg e 1.989*1030 kg. La distanza media tra loro è di 778340821 km. Inseriamo questi numeri nella formula per trovare la forza di gravitazione (ricordandoci di convertire la distanza in metri per rendere le misure compatibili!!!). La forza risulta:Fg = 4.16*1023 N.Cosa succede se spostiamo Giove più vicino al Sole? Prendiamo il pianeta gigante e mettiamolo al posto di Mercurio. In questo caso la distanza media dal Sole è di 57909227 km. La forza di gravitazione risulta quindi:

Fg = 7.5*1025 N.

E se lo spostiamo alla distanza di Proxima Centauri? In questo caso r = 4.246 anni luce = 4.017*1013 km. La forza risulta quindi:

Fg = 1.56*1014 N.

Vedete quindi come diminuire la distanza faccia aumentare la forza con cui i due oggetti si attraggono, mentre aumentare la distanza significa diminuire drasticamente la forza.

A presto!

Sara

JWST: abbiamo la data di lancio!

Mega ciao!

Oggi deviamo un po’ dal tema forza di gravità per un annuncio fantastico! Pare che finalmente la NASA abbia deciso la data di lancio del James Webb Space Telescope! Si parte il 18 dicembre!Cosa farà questo telescopio spaziale?

Il JWST sarà “il sostituto” del Telescopio Spaziale Hubble, ma funzionerà in modo un po’ diverso. Mentre l’Hubble funziona prevalentemente nel visibile, il James Webb sonderà l’Universo nell’infrarosso. Quali sono i vantaggi?

Le nubi molecolari, cioè quelle nuvolette di gas e polvere da cui si formano le stelle, assorbono quasi tutta l’emissione nel visibile. Di conseguenza, se avete una stella all’interno o dietro una nube molecolare non riuscite a vederla. Ma questi oggetti sono praticamente trasparenti nell’infrarosso, quindi il James Webb permetterà di studiare le stelle in formazione e gli oggetti dietro queste nubi. Inoltre uno degli obiettivi è di osservare le atmosfere dei pianeti extrasolari. Attraverso questo studio il James Webb consentirà di stabilire se sul pianeta sia presente vegetazione. Spostandoci al di fuori della nostra galassia, il JWST andrà ad osservare le prime galassie formate nell’Universo e l’esplosione delle prime stelle. Si pensa che l’osservazione diretta di stelle di Popolazione III non sia possibile, ma le loro esplosioni in supernovae dovrebbero essere alla portata di questo telescopio. Perchè sono importanti le stelle di Pop III?

Sono le prime stelle formate nell’Universo ed erano composte esclusivamente da idrogeno ed elio. Questi erano gli unici elementi disponibili formati attraverso la nucleosintesi primordiale (tranne il litio, ma era presente in quantità bassissima), ben prima che l’Universo diventasse trasparente. Lo studio di queste stelle può darci una visione migliore dei processi di formazione, evoluzione stellare e di arricchimento del mezzo interstellare.

Dal James Webb ci aspettiamo quindi grandi cose! Speriamo che il lancio vada bene e che i pannelli si dispieghino senza problemi, una volta arrivato nel punto lagrangiano. In caso contrario…piangeremo tantissimo!

A presto!

Sara

JWST (Image credits: NASA)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 15: corpi in caduta

Mega ciao!

Bravissimi! Avete dato tutti la risposta giusta all’ultimo quiz. Per completezza, andiamo a vedere insieme la

SOLUZIONE ASTROQUIZ 15

La domanda era: se sono sulla Luna e lascio cadere dalla stessa altezza un foglio di carta e un martello, quale dei due oggetti arriva al suolo per primo? La risposta corretta è: arrivano nello stesso momento.

Questo potrebbe sembrare un po’ strano perchè sulla Terra le cose vanno diversamente. Ma la Terra ha un elemento che fa la differenza: l’atmosfera. Questa introduce attrito nel sistema, quindi i due oggetti arrivano al suolo in momenti diversi. Sulla Luna l’atmosfera non c’è, quindi non c’è attrito e i due oggetti arrivano al suolo nello stesso momento. Questo era stato ipotizzato dal buon vecchio Galileo Galilei. Grazie ai suoi esperimenti era giunto a due conclusioni importantissime:

1- la velocità di caduta di un corpo non dipende dalla sua massa;

2- l’accelerazione con cui i corpi cadono è costante.

Qual è l’accelerazione con cui cadono i corpi?

Semplice: è l’accelerazione di gravità del corpo celeste su cui si trovano. Nel caso della Terra è 9.81 m/s2, mentre per la Luna è di appena 1.624 m/s2. Come facciamo a sapere che la velocità di caduta non dipende dalla massa dell’oggetto?

Ricorriamo alla fisica imparata al liceo. In particolare, andiamo ad utilizzare la conservazione dell’energia meccanica. Supponiamo di prendere l’anello del potere e di lasciarlo cadere da fermo nel Monte Fato. Assumendo che non ci sia attrito, l’energia meccanica in questo particolare problema è data dalla somma dell’energia cinetica e di quella potenziale. Vediamo cosa succede. Visto che l’energia meccanica si conserva, possiamo scrivere che l’energia finale deve essere uguale a quella iniziale:

Ef = Ei

Entrambe queste energie sono date dalla somma dell’energia cinetica (K) e di quella potenziale (U):

Kf + Uf = Ki + Ui

L’energia cinetica è data da

K = 0.5*m*v2

dove m è la massa dell’anello del potere e v è la sua velocità.Visto che l’anello viene lasciato cadere da fermo, la velocità iniziale è uguale a 0 quindi possiamo cancellare l’energia cinetica iniziale.

L’energia potenziale è data da

U = m*g*h

dove m è la massa del corpo, g è l’accelerazione di gravità e h è l’altezza. Alla fine della caduta l’anello arriverà in fondo al vulcano, quindi l’altezza finale sarà uguale a 0 e possiamo semplificare l’energia potenziale finale. Di conseguenza restiamo con:

Kf = Ui

cioè

0.5*m*vf2 = m*g*hi

vedete quindi che la massa dell’oggetto si semplifica. La velocità con cui arriva al suolo sarà data semplicemente da

vf = sqrt(2*g*hi)

dove sqrt è la radice quadrata.

Abbiamo quindi verificato con la teoria che la velocità di caduta di un oggetto non dipende dalla sua massa. Ma come fare per provarlo?

Sono dovuti trascorrere diversi secoli da quando Galileo ha enunciato questa teoria alla prova definitiva della sua correttezza. In particolare, con la missione Apollo 15 gli astronauti hanno portato sulla Luna una piuma, proveniente dal falco mascotte della Marina degli Stati Uniti, e un martello. David Scott, sulla superficie della Luna, ha sollevato i due oggetti alla stessa altezza e li ha lasciati cadere al suolo. Potete vedere l’esperimento nel video qui sotto.

Galileo aveva ragione!

A presto!

Sara

L’impatto di una mela sulla scienza

Mega ciao!

Dopo la carrellata sulle pulsar, partiamo con il secondo argomento chiesto dal pubblico. Massimo ha chiesto in cosa consiste la forza gravitazionale secondo Einstein. Non darò subito la risposta, perchè penso che sia necessario arrivarci con calma. Partiamo quindi con un piccolo viaggio nel tempo! Pronti? Benissimo!

La leggenda narra che in una bella giornata di qualche secolo fa Sir Isaac Newton si trovasse a riposare sotto una pianta quando, all’improvviso, gli cadde una mela in testa. Quello scontro gli accese una lampadina in testa, balzò in piedi ed esclamò: “Ma guarda un po’! Tutti gli oggetti sono destinati a cadere sulla Terra, quindi ci dev’essere una forza che ci tiene ancorati al nostro pianeta. Come potrei chiamarla?”

In questo modo un po’ bizzarro Newton scoprì la forza di gravità. Ma come si fa a calcolare l’intensità di una forza? Ce lo spiega sempre il buon vecchio Isaac con le sue tre leggi della meccanica. Queste leggi dicono che:

1- un corpo mantiene il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme (cioè con velocità costante) a meno che non intervenga una forza ad agire su di esso;

2- una forza è data dal prodotto tra la massa dell’oggetto e la sua accelerazione (F=m*a);

3- ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Che cosa bizzarra. Cosa significherà mai? Se io esercito una forza F su di un oggetto, questo risponderà esercitando una forza -F su di me.

La seconda legge di Newton è proprio quella che ci serve per determinare la forza di gravità. Basta solo sostituire a con l’accelerazione di gravità. La forza con cui la Terra ci attira è quindi:

F = m*g

dove m è la massa e g è l’accelerazione di gravità.

Che cosa rappresenta questa forza? Da questo momento in poi la chiamerò P, perchè in realtà la forza di gravità che la Terra esercita su di noi è semplicemente il nostro peso. Adesso riguardate bene la formula:

P = m*g

Newton ci sta dicendo una cosa importantissima: massa e peso sono due cose diverse! La massa di un oggetto è la sua quantità di materia, che è uguale in qualsiasi punto dell’Universo si trovi. Il peso invece è una forza, in particolare è la forza con cui il pianeta/satellite/pianeta nano/buco nero/ecc ci attira. Di conseguenza, il nostro peso dipende dal corpo celeste su cui ci troviamo. Sulla Terra l’accelerazione di gravità è g = 9.81 m/s2, su Giove è di 24.79 m/s2, mentre su Plutone è di appena 0.66 m/s2. Questo significa che su Giove peserete 2.53 volte di più rispetto alla Terra, mentre il vostro peso sulla Terra è quasi 15 volte quello che avreste su Plutone.

A presto!

Sara

La fusione di due stelle di neutroni

Mega ciao!

Abbiamo visto che le pulsar possono diventare ultraluminose accrescendo materiale da una stella compagna. Ma cosa succederebbe se avessimo un sistema binario composto da due stelle di neutroni?

A causa della perdita di momento angolare le due stelle comincerebbero a spiraleggiare l’una verso l’altra fino a fondersi insieme. A questo punto kaboooom! Scoppia tutto in quella che viene chiamata esplosione in kilonova. Come facciamo a conoscere il destino di questi sistemi?

Nel 2017 LIGO e Virgo hanno captato un’onda gravitazionale diversa dalle precedenti. Le onde gravitazionali sono perturbazioni della metrica dello spaziotempo che si propagano nell’Universo in forma ondulatoria. Come si fa a captarle?

Si usano degli interferometri, composti da una serie di specchi totalmente o semiriflettenti disposti lungo due bracci lunghi più o meno 4 km. In questi bracci dell’interferometro si fa passare un raggio laser. Nell’immagine qui sotto vedete la struttura dell’interferometro, in cui gli specchi agli estremi dei due bracci sono totalmente riflettenti, mentre quello centrale è semiriflettente. Questo significa che nel punto centrale il raggio laser viene in parte riflesso verso la direzione perpendicolare al fascio e in parte trasmesso nella stessa direzione del fascio. Una volta arrivati alle estremità dei due bracci i fasci vengono riflessi indietro e si incontrano nello specchio al centro, che li convoglia verso il rivelatore. Nel caso in cui passi un’onda gravitazionale la lunghezza di uno dei bracci verrà modificata. Quindi uno dei due fasci percorrerà una distanza leggermente più lunga o più corta rispetto all’altro. Questo è importantissimo perchè incontrandosi i due fasci produrranno una bella figura di interferenza, che è proprio il segnale che state cercando.Nel caso della fusione di due stelle di neutroni, dopo aver rivelato il segnale proveniente dall’onda gravitazionale (durato appena 100 secondi) sono stati attivati gli osservatori che funzionano alle più svariate lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico per cercare di identificare la sorgente. Ce l’hanno fatta! La sorgente si trovava nella galassia NGC 4993 a circa 130 milioni di anni luce di distanza. Questa scoperta ha segnato l’inizio dell’astronomia multi-messaggero, cioè che combina osservazioni di onde gravitazionali a quelle nei raggi gamma, raggi X, UV, ottico, infrarosso e radio per determinare meglio le caratteristiche fisiche dell’oggetto che stiamo osservando. A cos’ha portato l’esplosione di questa kilonova?

Lo studio dello spettro di questo oggetto ha evidenziato la presenza di elementi pesanti, come oro, argento e platino. Questo è stato importantissimo perchè finalmente abbiamo trovato l’ambiente dove si formano elementi più pesanti del ferro. Infatti non possono essere prodotti dalle reazioni nucleari all’interno delle stelle, in quanto sarebbero dei processi endotermici, cioè che richiedono energia per poter avvenire. Sappiamo che non sono stati prodotti dalla nucleosintesi primordiale dopo il Big Bang, quindi fino all’osservazione della kilonova non si conosceva l’origine di questi elementi pesanti. Cosa succede se una stella di neutroni si fonde con un buco nero?

Lo scopriremo nella prossima puntata.

A presto!

Sara

Schema di LIGO (Image credits: LIGO)
Identificazione della sorgente (Image credits: Las Cumbres observatory)
NGC 4993 e la kilonova (Image credits: NASA)
La tavola periodica con l’origine degli elementi (Image credits: NASA)

I pianeti delle pulsar

Mega ciao!

A 1957 anni luce di distanza nella costellazione della Vergine troviamo Poltergeist, Phobetor e Draugr. Questi nomi un po’ strani sono stati assegnati ai primi tre esopianeti rocciosi scoperti all’inizio degli anni ’90. Cos’hanno di particolare questi pianeti?

Un sacco di cose! Innanzitutto orbitano attorno ad una stella completamente diversa dal nostro Sole. PSR 1257+12 infatti è una pulsar, cioè una stella di neutroni rotante formata dalla morte di una stella massiccia. In secondo luogo, i tre pianeti sono stati scoperti quando la tecnica dei transiti e quella delle velocità radiali per la ricerca di esopianeti non erano ancora state messe a punto. La tecnica utilizzata, chiamata pulsar timing, consiste nel misurare le pulsazioni della pulsar. Di solito sono talmente regolari che vengono considerate più precise di un orologio atomico. Nel caso in cui ci siano dei pianeti orbitanti attorno alla pulsar, la stella morta si muoverà attorno al centro di massa del sistema producendo delle variazioni temporali nell’arrivo del segnale della pulsazione sulla Terra. Così nel 1992 Aleksander Wolszczan ha scoperto Poltergeist, Phobetor e Draugr. Visto che sono pianeti terrestri può esserci la vita?

E’ estremamente improbabile. Infatti orbitano attorno ad una pulsar, cioè una stella morta, attorno a cui la vita non può esserci. Che ci fosse la vita prima che la stella morisse?

Anche no! Pare infatti che questi tre pianeti si siano formati dai detriti dei pianeti originali che orbitavano attorno alla stella massiccia. La scoperta dei tre esopianeti è stata comunque importantissima ed ha segnato l’inizio della ricerca di pianeti extrasolari che è poi decollata a partire dal 1995, con l’introduzione del metodo delle velocità radiali.

A presto!

Sara

Rappresentazione artistica del sistema PSR 1257+12 (Image credits: NASA)

Pulsar ultraluminose

Mega ciao!

E’ il 1981 e gli astronomi stanno usando Einstein (non zio Albert, ma il satellite) per mappare il cielo nei raggi X. Nelle immagini notano delle sorgenti puntiformi, situate al di fuori del nucleo della galassia ospite, che hanno una luminosità pazzesca. Pensate che è talmente alta che supera il limite di Eddington! Cosa vuol dire?

Sir Arthur Eddington, un fan/amico di Einstein (zio Albert, non il satellite), nel 1917 sfornò la formula della luminosità critica oltre la quale una stella non può emettere altrimenti sarebbe distrutta dalle forze di pressione. Questo discorso può essere applicato anche ad oggetti compatti, cioè pulsar e buchi neri, in accrescimento. Se assumiamo che questi oggetti siano in accrescimento sferico, la loro luminosità non può superare il limite di Eddington perchè altrimenti la forza di gravità agente sulla coppia elettrone-positrone sarebbe superata dalla forza di radiazione (diretta verso l’esterno). A quanto equivale questo limite? E’ descritto da una formula semplicissima, in cui ci sono un sacco di belle costanti. Inserendo i dati risulta:

LEdd =1.3×1038 (M/MSole) erg/s

La cosa fortissima è che ci sono pulsar e buchi neri che superano questa luminosità critica e per questo vengono chiamate sorgenti X ultraluminose. In particolare, alcune giovani pulsar possono raggiungere luminosità in banda X superiori a 1039 erg/s. Pare che il motivo sia che il disco di accrescimento è interrotto vicino alla magnetosfera, dove il materiale, seguendo le linee di forza del campo magnetico, arriva in una piccola area attorno ai poli magnetici della stella formando una colonna di accrescimento. L’emissione è concentrata proprio in questa colonna e viene sparata nello spazio in direzione perpendicolare alle linee di forza del campo magnetico. Qualche chilometro sopra la superficie della stella di neutroni si formano delle onde d’urto. Quando il tasso di accrescimento supera un valore critico, il flusso di materiale è composto da plasma ad alta densità che affonda gradualmente nel campo gravitazionale della stella, diventando otticamente spesso. Con questo meccanismo le pulsar possono raggiungere luminosità di 1040 erg/s. Ma come facciamo a sapere che alcune sorgenti X ultraluminose sono composte da pulsar in accrescimento?

La risposta arriva direttamente dalla mia galassia preferita: M82, galassia starburst situata nella costellazione dell’Orsa Maggiore a circa 11 milioni e 700 mila anni luce di distanza da noi. In M82 ci sono addirittura 4 sorgenti X ultraluminose. Una di queste, chiamata M82 X-2, pulsa con un periodo di 1.37 secondi e con una pulsazione sinusoidale. Sta accrescendo materia da una stella compagna con una massa di circa 5.2 masse solari. La pulsar orbita attorno alla stella compagna seguendo un’orbita circolare, con un periodo orbitale di 2.5 giorni e un semiasse maggiore di circa 7 milioni di chilometri (quindi sono molto vicine…pensate che la distanza tra la Terra e il Sole è di circa 150 milioni di chilometri).

A presto!

Sara

M82 (Image credits: NASA)
Le sorgenti X ultraluminose M82 X-1 e M82 X-2 (Image credits: NASA)

La densità delle stelle di neutroni

Mega ciao!

Abbiamo visto che le pulsar sono stelle di neutroni rapidamente rotanti, con periodi che vanno dal millesimo di secondo a qualche secondo. Queste stelle sono sostenute dalla pressione di degenerazione dei neutroni, sono dotate di campi magnetici molto forti e non possono avere masse molto grandi. Infatti, a seconda del modello considerato, la massa limite delle pulsar può essere di 2.2 o 2.6 masse solari. Tutta questa massa è però concentrata in una sfera molto più piccola rispetto al nostro Sole. Se la nostra stella ha una massa di 1 massa solare e un raggio di 695508 km, una stella di neutroni ha un raggio di appena 15 km (o qualche decina di km…dipende dalle condizioni che considerate per creare il modello). Cosa significa avere 2.2 (o 2.6) masse solari condensate in una sfera così piccola?

Semplicemente la stella di neutroni avrà una densità estremamente elevata. Per fare un paragone molto semplice, è come se prendeste tutti gli esseri umani presenti sulla Terra e li metteste dentro un cubetto di 1.5 cm di lato. Dite che starebbero stretti?

A presto!

Sara

Rappresentazione artistica di una stella di neutroni (Image credits: NASA)

Pulsar e indicazioni stradali spaziali

Mega ciao!

Le pulsar pulsano nel radio con una precisione talmente incredibile che sono considerate dei fari cosmici. Se una civiltà aliena intelligente si fosse imbarcata nello studio della volta celeste conoscerebbe di sicuro questi oggetti. Allora perchè non usarli per dare agli extraterrestri le indicazioni stradali per arrivare sulla Terra?

Ebbene, questo è già stato fatto. Nell’immagine qui sotto potete vedere la placca posta a bordo delle sonde Pioneer 10 e 11, lanciate rispettivamente il 2 marzo 1972 e il 6 aprile 1973. La Pioneer 10 è diretta verso Aldebaran, la stella più luminosa della costellazione del Toro, mentre la Pioneer 11 sta andando verso la costellazione dell’Aquila. Assumendo che le due sonde sopravvivano ad eventuali asteroidi e comete presenti lungo il tragitto, impiegheranno rispettivamente 2 milioni e 4 milioni di anni per giungere a destinazione. Che messaggio stiamo mandando agli alieni?

In alto a sinistra c’è l’atomo di idrogeno, l’elemento più abbondante nell’Universo. Poi troviamo un uomo e una donna, il Sistema Solare con la traiettoria della sonda e 14 linee che sembrano essere messe lì a caso. In realtà rappresentano una bellissima mappa stradale: indicano la posizione delle pulsar più vicine a noi. Così ET ci troverà di sicuro….sempre che nel frattempo l’essere umano non abbia deciso di trasferirsi su un altro pianeta, magari in un sistema planetario diverso a qualche decina di anni luce di distanza da qui. Eh….la speranza nel motore a curvatura è dura a morire e poi: “Teletrasportami, Scotty!”

A presto!

Sara

La placca a bordo delle Pioneer 10 e 11 (Image credits: NASA)

Viaggio nel tempo all’inseguimento di un’esplosione

Mega ciao!

E’ una domenica come tante, ma vi state annoiando a morte. Decidete quindi di salire sulla mitica DeLorean insieme a Doc Brown e la impostate per portarvi indietro nel tempo a visitare la Cina del 1054. Una bella sera alzate gli occhi al cielo e, all’improvviso, vedete comparire una nuova stella nella costellazione del Toro. Cosa sarà mai?

Avete appena assistito alla morte esplosiva di una stella di grande massa. Questa stella ha espulso gli strati esterni del suo inviluppo, in un evento chiamato esplosione in supernova, mentre il nucleo ha cominciato a contrarsi, si è rimpicciolito sempre di più ed è diventato una pulsar. Fantastico! Peccato che nel 1054 non ci siano telescopi con cui osservarla. Memorizzata la posizione di questa stella, vi precipitate da Doc Brown e lo convincete a portarvi nella Parigi del 1758. Lì, tra una peripezia e l’altra, convincete Charles Messier, un famoso cacciatore di comete, ad assumervi come suoi aiutanti. Cercate di convincerlo a puntare il suo telescopio verso quella fettina di cielo in cui nel 1054 avete visto esplodere una stella. Lui però non vi crede e non vuole sottrarre tempo prezioso alla sua caccia alle comete. Fortunatamente però una sera, seguendo una cometa tra le corna del Toro, il buon Charles si imbatte in un oggetto un po’ nebuloso, a prima vista una cometa. Decide quindi di seguirlo per un po’ e si accorge che non è come tutte le altre comete: non si sposta! Vi fa annotare la sua posizione e finalmente avete la possibilità di osservarla al telescopio. Questa piccola nebulosa diventerà il primo oggetto del “Catalogo di Nebulose e Stelle” pubblicato da Messier. Al telescopio però non ha tutti i bei colori che potete vedere nelle immagini dell’Hubble: appare come un batuffolo un po’ più chiaro rispetto al nero di fondo. Non ancora soddisfatti, convincete Doc Brown a portarvi negli anni ’60. Come mai questa scelta?

Volete essere presenti in uno dei periodi più esaltanti dal punto di vista dell’esplorazione spaziale e delle scoperte astronomiche. Nel 1967 assistete alla scoperta di un segnale radio pulsante, inizialmente chiamato “Little Green Men” (Piccoli Uomini Verdi), da parte di Jocelyn Bell Burnell. Sarà stato veramente un segnale alieno? Purtroppo no! Era semplicemente una pulsar situata nella costellazione della Volpetta. L’anno successivo invece assistete alla conferma definitiva che nella nebulosa del Granchio, che avete osservato con Messier, c’è una pulsar. Il vostro viaggio alla fine si conclude e tornate a casa tra le bellissime immagini a colori della nebulosa. Ma oggi potete fare di più! Perchè limitarsi ad osservare nell’ottico e nel radio quando possiamo andare anche ad altre lunghezze d’onda?

Allora prendete le immagini del Telescopio Spaziale Hubble (in verde) e sovrapponete i dati infrarossi di Spitzer (in giallo), quelli nei raggi X di Chandra (in viola), nell’ultravioletto di XMM-Newton (in blu) e nel radio del Very Large Array (in rosso) e ottenete l’immagine che vedete qui sotto, in cui finalmente la pulsar risulta visibile!

A presto!

Sara

La comparsa della stella nella costellazione del Toro documentata dagli astronomi cinesi nel 1054
Charles Messier
La Crab Nebula (Image credits: NASA)