Quanta energia riceviamo dalle stelle?

Mega ciao!
E’ giunta l’ora di fare quattro conti. Alzando gli occhi al cielo in una notte stellata si nota che alcune stelle appaiono più luminose di altre. Dalle misure fatte dagli astronomi sappiamo che si trovano a distanze molto diverse dalla Terra. Qual è il flusso di energia che ci arriva dalle stelle?
Sappiamo che la luminosità (L) è legata al flusso (F)e alla distanza (r) dalla relazione:
L= 4π*(r^2)*F
Questo vuol dire che il flusso di energia diminuisce all’aumentare della distanza.
Il Sole dista dalla Terra 150 000 000 000 metri e ha una luminosità di 3.827×10^(26) Watt. Il flusso risulterà quindi F=1353.5 W/(m^2).
Ora consideriamo Vega, la stella più luminosa della costellazione della Lyra, situata a circa 26 anni luce di distanza, che equivalgono a circa 2.46×10^(17) m. Vega ha una luminosità di 37 luminosità solari, cioè di 1.42×10^(28) W. Il flusso di energia che ci arriva da Vega, trascurando dispersione e assorbimento interstellare, è F=1.86×10^(-8) W/(m^2). Questo è equivalente al flusso che ci arriverebbe da una lampadina di 100 W se si trovasse a 427835 chilometri di distanza da noi. Secondo voi in una situazione del genere la lampadina riuscirebbe ad influenzare la vostra vita?
Buona fine e buon inizio a tutti! Ricordatevi di collegarvi domani nel tardo pomeriggio per l’oroscopo creato appositamente per voi 😉
A presto!

Sara

Vega (Image credits: NASA)

La prima immagine di un buco nero

Mega ciao!
Come procedono le vacanze? Il 2019 sta per concludersi, quindi direi di rendergli omaggio riprendendo una delle notizie astronomiche più emozionanti: la prima immagine di un buco nero! Pubblicata lo scorso aprile dopo due anni di elaborazione dei dati raccolti da otto radiotelescopi sparsi per tutto il mondo. I dati sono stati combinati con una tecnica chiamata interferometria per ottenere l’immagine del buco nero. Questo oggetto si trova al centro della galassia ellittica supergigante M87, situata nella costellazione della Vergine a circa 52 milioni di anni luce di distanza. Questa galassia è diventata gigantesca grazie alla cannibalizzazione di più galassie, quindi la possiamo considerare come un Hannibal Lecter spaziale. Gli scontri tra galassie sono molto frequenti nell’Universo e i loro risultati sono diversi in base alla massa e alla velocità delle galassie di partenza. Per esempio, la Via Lattea si sta piano piano mangiando la Grande e la Piccola Nube di Magellano, due galassie satellite della nostra galassia. Inoltre, tra circa 3 miliardi e 500 milioni di anni si scontrerà contro la galassia a spirale di Andromeda. Ma torniamo ad M87. Si sapeva già che al suo centro è presente un buco nero supermassiccio, con una massa di circa 6 miliardi e 500 milioni di masse solari, grazie alla presenza di un getto che parte proprio dal nucleo della galassia. Il problema è ottenere una foto di un buco nero. Perchè? I buchi neri sono neri, quindi contro il cielo nero è impossibile individuarli. Fino allo scorso aprile avevamo solo delle prove indirette della presenza di questi oggetti. Cosa vuol dire? Semplicemente che, pur non riuscendo ad osservarli, era possibile vedere i loro effetti sul materiale circostante. Ad esempio, il buco nero situato al centro della Via Lattea è stato scoperto monitorando il moto delle stelle nei suoi dintorni. In particolare si è scoperto che una stellina, chiamata S2, compiva un’orbita ellittica attorno ad un punto in cui non c’era assolutamente nulla. In base ai parametri orbitali è stato determinato che all’interno dell’orbita di S2 ci deve essere un oggetto con una massa di 3 milioni e 610 mila masse solari. Questo ovviamente può essere solo un buco nero. A volte i buchi neri sono dotati di un disco di accrescimento, cioè un disco di polvere e gas che spiraleggia verso l’oggetto compatto. Le temperature nella regione interna del disco di accrescimento sono talmente elevate da emettere in banda X. E’ proprio l’ombra del buco nero sul disco di accrescimento quella che si vede nell’immagine. Perchè sono serviti otto radiotelescopi e due anni di elaborazione dati? Il buco nero, pur essendo estremamente massiccio e abbastanza grande, si trova ad una grande distanza da noi. Quindi le sue dimensioni angolari sono le stesse che avrebbe una pallina da tennis posta sulla superficie della Luna e osservata dalla superficie della Terra. Vi posso assicurare che con i telescopi che abbiamo noi poveri astrofili è impossibile osservare una pallina da tennis sulla Luna. Non riusciamo a vedere nemmeno i moduli di discesa dei LEM che hanno portato l’uomo sul nostro satellite nella mitica corsa allo spazio.
Grazie alla foto del buco nero le teorie del buon vecchio Zio Albert hanno trovato nuovamente conferma. La relatività, teorizzata oltre 100 anni fa, funziona!
A presto!

Sara

M87 (Image credits: NASA)
Il buco nero di M87 (Image credits: EHT)

Harlow Shapley e le dimensioni della Via Lattea

Mega ciao!
Abbiamo visto che Harlow Shapley dimostrò, studiando la distribuzione degli ammassi globulari, che il Sole non si trova al centro della Via Lattea. La mappa creata dall’astronomo mostra una maggiore concentrazione di ammassi in direzione della costellazione del Sagittario, la zona più luminosa del cielo dove si trova il centro galattico. Oltre a questo, Shapley cercò di stimare la distanza degli ammassi globulari utilizzando la dimensione e la luminosità apparenti degli ammassi e la luminosità apparente delle stelle variabili, che hanno una luminosità intrinseca ben definita. Sulla base di queste misurazioni concluse che il Sole doveva trovarsi a circa 15 kpc dal centro della distribuzione degli ammassi globulari. Vi ricordo che kpc sta per kilo parsec, cioè 1000 parsec, dove 1 pc = 3.26 anni luce. Inoltre il nostro astronomo stimò che la dimensione dell’intero sistema di ammassi globulari doveva essere di 100 kpc. In realtà oggi sappiamo che il Sole si trova a circa 8 kpc dal centro galattico e che la Via Lattea ha un diametro di circa 30.67 kpc. Nonostante queste scoperte Shapley era convinto che le “nebulose a spirale” facessero parte della nostra galassia.
To be continued…

Sara

M13, ammasso globulare situato nella costellazione di Hercules

Harlow Shapley e la scoperta del centro galattico

Mega ciao!
Abbiamo visto il grande salto di qualità in astronomia dovuto all’introduzione delle lastre fotografiche. Prima infatti l’unico modo che avevano gli astronomi per riportare le proprie scoperte era disegnare quanto osservato. Con le lastre fotografiche è stato possibile andare a studiare più da vicino le cosiddette “nebulose a spirale” e la nostra galassia. Fino a quel momento pensavano tutti che il Sole si trovasse al centro della Via Lattea. Contro questa teoria si schierò l’astronomo americano Harlow Shapley. Nato nel 1885 in Missouri, Shapley studiò gli ammassi globulari presenti nella nostra galassia, che inizialmente erano stati catalogati come nebulose in quanto oggetti non risolti e dall’aspetto nebuloso, e li utilizzò per stimare la posizione del Sole nella Via Lattea. Con l’avvento dei grandi telescopi era stato possibile risolvere gli ammassi globulari e si era scoperto che non erano nebulose, ma insiemi di un numero di stelle compreso tra 10^4 e 10^6 che noi vediamo molto vicine, in strutture apparentemente sferiche. Questi oggetti sono composti da stelle molto vecchie, si trovano nell’alone galattico e orbitano attorno al centro della Via Lattea secondo orbite ellittiche. Shapley dimostrò che la distribuzione degli ammassi globulari in cielo non è uniforme: notò una più elevata concentrazione di ammassi in direzione della costellazione del Sagittario, ovvero in direzione della zona più luminosa della galassia (vi ricordo che proprio in questa costellazione troviamo il centro galattico). Shapley pensava che gli ammassi globulari costituissero un elemento strutturale importante della nostra galassia e che quindi dovessero essere distribuiti in modo simmetrico attorno al centro del sistema. Vista la grande asimmetria nella distribuzione degli ammassi globulari nel sistema eliocentrico, Shapley concluse che il Sistema Solare non poteva trovarsi al centro della Via Lattea! Nell’immagine qui sotto potete vedere la distribuzione degli ammassi globulari ottenuta da Shapley. Gli ammassi sono rappresentati dai pallini verdi, il Sole dal pallino giallo mentre il centro galattico dalla croce rossa.
To be continued…

Sara

Harlow Shapley
La distribuzione degli ammassi globulari nella Via Lattea

La nascita della fotografia astronomica

Mega ciao!
Abbiamo visto le prime osservazioni degli oggetti di profondo cielo che hanno portato alla pubblicazione dei cataloghi Messier e NGC. Charles Messier, William Herschel e William Parsons osservavano questi oggetti direttamente con l’occhio attaccato all’oculare del telescopio. Le osservazioni fatte in questo modo però permettono di raccogliere una quantità di informazioni molto limitata. Infatti l’occhio umano non può raccogliere un numero infinito di fotoni, quindi non può vedere bene gli oggetti più deboli. Inoltre l’unico modo per riportare alla comunità scientifica quanto visto era disegnare i vari oggetti. Il punto di svolta nelle osservazioni astronomiche è arrivato con l’invenzione della lastra fotografica, cioè di una lastra di vetro su cui veniva applicata un’emulsione fotosensibile di sali d’argento. La rivoluzione portata dalle lastre fotografiche consiste in due punti fondamentali. Per prima cosa, con tempi di posa lunghi era possibile catturare un numero di fotoni maggiore rispetto all’occhio umano e, quindi, distinguere caratteristiche altrimenti invisibili. In secondo luogo, le lastre fotografiche erano in grado di riprendere molti oggetti diversi in una singola immagine. In campo astronomico sono state largamente utilizzate per lo studio degli asteroidi, hanno permesso di scoprire fisicamente Plutone e hanno segnato il punto di svolta nello studio delle cosiddette “nebulose a spirale”.
To be continued…

Sara

Lastra fotografica della galassia di Andromeda

La scoperta delle “nebulose a spirale”

Mega ciao!
Qualche decennio dopo la pubblicazione del Nuovo Catalogo Generale, l’astronomo irlandese William Parsons costruì il Leviatano di Parsonstown, il telescopio riflettore più grande dell’epoca, con un diametro di 1.8 metri. Con questo strumento Parsons andò a studiare le deboli nebulose dei cataloghi Messier e NGC. Scoprì che questi oggetti potevano essere suddivisi in due grandi categorie: a forma ellittica e a spirale. Le “nebulose” ellittiche apparivano completamente prive di dettagli, simmetriche e con una distribuzione di luce regolare, mentre le altre mostravano una struttura non simmetrica e con la presenza di bracci a spirale. L’astronomo disegnava gli oggetti che osservava e, come potete vedere dall’immagine qui sotto, i suoi disegni erano tanto precisi e dettagliati da risultare paragonabili alle immagini riprese con le lastre fotografiche. Una delle “nebulose a spirale” studiate e analizzate da Parsons è M51, la galassia Whirlpool situata nella costellazione dei Cani da Caccia. Qui potete notare i bracci a spirale e due nuclei. Infatti la galassia sta andando incontro al fenomeno del minor merger, cioè la grande spirale si sta “mangiando” una galassia più piccola.
To be continued…

Sara

William Parsons
Il Leviatano di Parsonstown
Disegno della “nebulosa a spirale” M51 realizzato da William Parsons

William Herschel e il catalogo NGC

Mega ciao!
Uno degli astronomi più produttivi della fine del 1700 fu William Herschel. Famoso anche nel campo della fisica per aver scoperto la radiazione infrarossa, William Herschel condusse uno studio sulle stelle doppie, cioè due stelle talmente vicine da essere legate gravitazionalmente l’una all’altra. Una bella sera del 1781, mentre stava osservando il campo stellare che gli interessava, William notò la presenza di un pallino un po’ nebuloso. Inizialmente pensò che si trattasse di una cometa, ma, grazie alle numerose osservazioni che permisero di determinarne l’orbita, stabilì che quel pallino in realtà era un altro pianeta, situato oltre l’orbita di Saturno. Herschel aveva scoperto il settimo pianeta del Sistema Solare: Urano.
Ma perchè vi sto parlando di questo straordinario astronomo? Negli anni che seguirono la pubblicazione del Catalogo Messier, di cui vi ho parlato nel post precedente, anche Herschel cominciò a studiare gli oggetti di profondo cielo e pubblicò diversi cataloghi che ne riportavano le posizioni e le caratteristiche. Il nostro William scoprì oltre 2400 nebulose! Attenzione però che alcune di queste in realtà sono galassie, ma all’epoca non si sapeva ancora. Il catalogo di Herschel è stato integrato con gli oggetti non stellari scoperti da altri astronomi e la sua versione definitiva è stata pubblicata nel 1888 con il nome di “New General Catalogue” (NGC). Il catalogo NGC contiene 7840 oggetti, tra nebulose, ammassi stellari e galassie.
To be continued…

Sara

La scoperta delle nebulose

Mega ciao!
Abbiamo visto che fu Edwin Hubble a scoprire che le cosiddette “nebulose a spirale” si trovavano fuori dalla Via Lattea ed erano pertanto altre galassie. Andiamo ad analizzare attraverso un po’ di storia dell’astronomia come si è arrivati a questa scoperta.
La storia comincia con un cacciatore di comete: Charles Messier. Questo astronomo nelle sue serate di osservazione sondava il cielo alla ricerca delle comete, cioè di oggetti rocciosi di dimensioni variabili ricoperti da uno strato di ghiaccio d’acqua. Le comete si trovano in orbite ellittiche attorno al Sole e, nel loro percorso, possono passare attraverso il Sistema Solare interno. Man mano che si avvicinano al Sole ricevono più calore, quindi il ghiaccio si scioglie e libera nello spazio le polveri che vi erano intrappolate. Queste vanno a formare la chioma e la coda delle comete, rendendole oggetti un po’ nebulosi. Nel 1758, mentre seguiva una cometa nella costellazione del Toro, Messier riportò una scoperta importante: “[la cometa] Entrò nelle corna del Toro. Io scoprii sopra il corno meridionale, a poca distanza dalla stella Z di questa costellazione, una luce biancastra, allungata similmente alla luce di una candela, non contenente nessuna stella”. L’astronomo aveva appena scoperto la Nebulosa del Granchio! Messier, nella sua ricerca di comete, si imbattè un sacco di volte in oggetti nebulosi che a prima vista sembravano comete, ma che in realtà erano nebulose, ammassi stellari e galassie. Riportò quindi le loro posizioni in un catalogo di “Nebulose e stelle”, che successivamente prenderà il suo nome. Perchè non l’ha chiamato “Catalogo di nebulose, stelle e galassie”? Per il semplice fatto che all’epoca si pensava che tutti gli oggetti nebulosi facessero parte della Via Lattea. Bisognerà aspettare più di un secolo per arrivare alla scoperta delle galassie.
To be continued…

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 29: la scoperta delle galassie

Mega ciao!
Scusatemi il ritardo, ma è un periodo abbastanza pieno.
SOLUZIONE ASTROQUIZ 29
Vi avevo chiesto chi ha scoperto che alcune nebulose non fanno parte della Via Lattea. La risposta corretta è: Edwin Hubble. Infatti Charles Messier è solo il cacciatore di comete che ha stilato un catalogo di 110 oggetti, che prende il suo nome, tra nebulose e ammassi stellari. Questi oggetti infatti a prima vista sono molto simili alle comete, con un aspetto molto nebulare, ma nel corso delle osservazioni si capisce che non lo sono in quanto non si spostano. Dato che gli facevano perdere un bel po’ di tempo nella sua caccia, Messier ha deciso di catalogarli tutti. Però era convinto che facessero parte della Via Lattea. Con l’avvento delle lastre fotografiche gli astronomi si sono accorti che alcune di queste nebulose avevano una forma a spirale. Negli anni ’20 Hubble, analizzando le lastre fotografiche della “nebulosa di Andromeda” si accorse che presentavano alcune stelle con una luminosità variabile. Da uno studio approfondito stabilì che facevano parte di una classe particolare di stelle variabili: le Cefeidi. Queste stelle hanno una relazione ben definita tra luminosità e periodo di variazione, che permette di determinare la magnitudine assoluta e la distanza. Hubble determinò quindi che le 12 cefeidi che facevano parte della “nebulosa di Andromeda” si trovavano a circa 900 mila anni luce di distanza, ponendo la “nebulosa” ben al di fuori della Via Lattea. Questo pose fine al grande dibattito di cui vi parlerò nei prossimi post. Oggi sappiamo che la distanza della galassia di Andromeda è di circa 2 milioni e 100 mila anni luce.
A presto!

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 28: le costellazioni circumpolari

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 28
Il gioco di questa settimana era un vero o falso. L’affermazione a cui bisognava rispondere è: non esiste nessuna costellazione che sia visibile in cielo in ogni stagione. La risposta corretta è: FALSO. Infatti, anche se la maggior parte delle costellazioni visibili cambiano a seconda della stagione, ce ne sono alcune presenti tutto l’anno. Queste si chiamano costellazioni circumpolari e sono situate vicino al polo nord celeste. Cos’abbiamo in questa regione di cielo? Ovviamente la Stella Polare, che indica sempre il nord, situata nella costellazione dell’Orsa Minore. Nonostante quello che pensano in molti, la Stella Polare non è la più luminosa del cielo. Pensate che ha una luminosità talmente scarsa che anche da città con poco inquinamento luminoso fate fatica ad individuarla. Per trovare la Stella Polare vi basta saper riconoscere l’Orsa Maggiore, un’altra costellazione visibile tutto l’anno. Infatti se collegate Merak e Dubhe, due stelle della coda dell’orsa, con una linea immaginaria e prolungate di quattro volte la loro distanza trovate la Stella Polare. Tra le due orse troviamo la costellazione del Drago, che ospita una nebulosa planetaria spettacolare: la nebulosa Occhio di Gatto. Altre costellazioni visibili tutto l’anno sono la Giraffa, Cassiopea, riconoscibilissima per la sua forma a ‘W’, e Cefeo, che ricorda il disegno di una casa che facevamo quando eravamo bambini. Questo ovviamente per quanto riguarda il nostro emisfero. Gli abitanti dell’emisfero sud vedranno costellazioni circumpolari completamente diverse. Da loro la Stella Polare non è visibile, ma il Polo Sud celeste cade più o meno al centro della costellazione dell’Ottante, in una zona quasi priva di stelle, individuabile utilizzando la costellazione della Croce del Sud.
A presto!

Sara

La costellazione dell’Orsa Maggiore
Le costellazioni circumpolari boreali
La nebulosa Occhio di Gatto (Image credits: NASA)
La Croce del Sud