Artemis: il grande ritorno sulla Luna

Mega ciao!
L’incredibile corsa allo spazio, cominciata negli anni ’50, ha visto Stati Uniti e Unione Sovietica sfidarsi nel raggiungimento di obiettivi spaziali a prima vista impossibili. Questa gara è culminata con le missioni Apollo e in particolare con l’allunaggio avvenuto il 20 luglio del 1969. Nella missione Apollo 11 Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono diventati i primi esseri umani a saltellare come dei canguri sulla superficie del nostro satellite, mentre Michael Collins li aspettava in orbita attorno alla Luna a bordo del modulo di comando. Le missioni sono continuate fino all’Apollo 17, partita il 7 dicembre 1972. Da allora però nessun uomo ha messo più piede sulla superficie del nostro satellite. Adesso è arrivato il momento di tornarci! La NASA ha cominciato a lavorare alle missioni Artemis, che hanno come obiettivo quello di riportare l’essere umano sulla Luna. Se tutto va bene la prima missione partirà nel 2024 e, finalmente, porterà una donna ad allunare #eraora #girlpower. Le missioni Artemis sono un po’ diverse rispetto alle Apollo. Infatti l’obiettivo non è solo quello di allunare, raccogliere campioni da analizzare e piazzare strumenti scientifici vari che posso permetterci di rispondere a grandi quesiti scientifici, ma, entro il 2028, vogliono costruire una base lunare permanente. Quindi colonizzeremo la Luna! Quali saranno i passi che porteranno a questa incredibile impresa? Si parte l’anno prossimo con la missione Artemis 1, che sarà senza equipaggio in modo da testare tutti i sistemi della navicella e verificare che tutto funzioni correttamente. La NASA ha imparato bene dalle missioni Apollo, dalla Challenger e dalla Columbia che questo andare nello spazio può essere estremamente pericoloso. Molti astronauti sono morti per portare l’umanità nello spazio e non si vuole correre il rischio di perdere altre vite. Nel 2022 partirà Artemis 2, la prima missione con equipaggio, che testerà tutti i sistemi della navicella facendo due orbite attorno alla Terra per poi darsi una bella spinta verso la Luna. Gli astronauti a bordo della navicella Orion faranno un bel giro attorno al nostro satellite, vedranno il lato nascosto della Luna da vicino e torneranno a casa. Se le missioni andranno come previsto, nel 2024 partirà Artemis 3 e finalmente l’essere umano tornerà sulla superficie del nostro satellite. La zona designata per l’allunaggio è il Polo Sud lunare, dove gli astronauti cercheranno depositi di ghiaccio che potranno fare da riserva per le successive missioni. Andranno inoltre a compiere ricerche scientifiche che possono aiutare a comprendere meglio la formazione della Terra e del nostro satellite. Infine bisogna capire come vivere e lavorare sulla superficie di un corpo diverso dalla Terra, in vista delle future missioni umane su Marte. I prossimi anni saranno dunque particolarmente interessanti dal punto di vista delle missioni spaziali. Sarà emozionante vedere la NASA tornare sulla Luna!
A presto!

Sara

Logo delle missioni Artemis (Image credits: NASA)

SOLUZIONE ASTROQUIZ 20

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 20
Vi avevo chiesto dove troviamo le stelle più vecchie. La risposta corretta è: negli ammassi globulari. Gli ammassi globulari sono insiemi di centinaia di migliaia di stelle, a volte un milione di stelle, che vediamo molto vicine in una struttura simile ad una sfera. Questi oggetti sono ben visibili nell’alone galattico. Cos’è l’alone? La Via Lattea è una galassia a spirale barrata composta da diverse parti: uno sferoide centrale (bulge) che viene tagliato a metà da una barra di polvere e gas, i bracci a spirale, che si dipartono dagli estremi della barra e stanno attorno al nucleo su di un piano (il piano galattico), e l’alone, una struttura sferica che circonda il piano galattico. Gli ammassi globulari si trovano nell’alone e orbitano attorno al nucleo a velocità elevate. Sono composti da stelle molto vecchie (con un’età maggiore o uguale a 10 miliardi di anni), al contrario degli ammassi aperti che sono formati da stelle giovani e si trovano nei bracci a spirale della Via Lattea (o di altre galassie). Nei bracci a spirale sono presenti grandi quantità di polvere e gas interstellare, che formano le nubi molecolari dalle quali nascono le stelle. Pertanto è più probabile trovare stelle giovani in queste regioni. Gli ammassi globulari sono composti principalmente da stelle di Popolazione II, cioè da stelle con basso contenuto metallico (occhio che per noi astronomi i metalli sono tutti gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio). Queste stelle si sono formate in seguito alla morte di stelle di Popolazione III, cioè delle prime stelle che si sono formate nell’universo da nubi molecolari contenenti solo idrogeno ed elio. Le stelle che abbiamo all’epoca attuale vengono dette di Popolazione I e sono ricche di metalli, in quanto si formano in un mezzo interstellare arricchito di elementi pesanti a causa della morte delle altre stelle. Sono stati proposti diversi scenari per spiegare la formazione degli ammassi globulari:
– collasso diretto di una nube primordiale;
– da una nube di gas freddo in seguito al merging di due galassie;
– l’accrescimento di una galassia che “mangiandone” una di più piccola ingloba tutti i suoi ammassi globulari;
evoluzione secolare del disco.
A presto!

Sara

(Image credits: ESO)

L’età degli ammassi globulari – parte 2

Mega ciao!
Abbiamo visto che l’età di un ammasso globulare si può calcolare attraverso l’individuazione del punto di turn off, interpolando il diagramma H-R del nostro oggetto con i modelli teorici. Un altro metodo per la determinazione dell’età viene chiamato metodo orizzontale. Questo consiste nel calcolare la differenza di colore tra il ramo delle giganti rosse, che non dipende dall’età, e il punto di turn off. Il colore del ramo delle giganti rosse è individuato 2,5 magnitudini sopra il turn off. Il problema principale di questo metodo è che risulta molto difficile individuare con precisione il punto di turn off, che rappresenta il punto più caldo e blu della sequenza principale, e questo si traduce in grandi errori sulla stima dell’età dell’ammasso. Il vantaggio invece è che il ramo delle giganti è quasi verticale, quindi non influenza l’errore in maniera significativa. Però si hanno errori dovuti all’incertezza sul colore del ramo delle giganti ottenuto dai modelli teorici. Per il calcolo della differenza di magnitudini si deve cercare di evitare di spingersi a magnitudini troppo brillanti del ramo delle giganti, in quanto in questa zona c’è una maggiore dipendenza dalla metallicità, cioè dal contenuto di metalli delle stelle (attenzione che per noi astronomi i metalli sono tutti gli elementi pù pesanti di idrogeno ed elio). Inoltre nella parte brillante del ramo delle giganti ci sono meno stelle e questo si traduce in errori maggiori sulla stima dell’età.
Vi ricordo che stasera ci sarà l’ultima osservazione pubblica della stagione in osservatorio a partire dalle ore 21:00. In caso sia nuvolo proietteremo immagini astronomiche all’interno della cupola e terremo mini conferenze. Per informazioni chiamatemi al numero 3290689207 entro le ore 18:00.
Vi aspettiamo numerosi!

Sara

L’età degli ammassi stellari – parte 1

Mega ciao!
Abbiamo analizzato il diagramma H-R e la formazione delle stelle. Abbiamo detto che da una singola nube molecolare si formano più stelle che avranno tutte la stessa età e la stessa composizione chimica. Questo è dimostrato dalla presenza di ammassi aperti nei bracci della Via Lattea. Questi oggetti sono gruppi di stelle, con un numero compreso tra 5 e 1000, molto giovani, che quindi si trovano ancora nei pressi della regione in cui si sono formate. Invece gli ammassi globulari sono gruppi di centinaia di migliaia di stelle, raggruppate insieme come se fossero una palla di stelle, che si trovano nell’alone galattico e si muovono lungo orbite ellittiche attorno al nucleo della Via Lattea. La cosa interessante è che si può calcolare l’età di questi ammassi, individuando il punto di turn off, cioè il punto in cui le stelle escono dalla sequenza principale dopo aver esaurito l’idrogeno. Per fare ciò si utilizza la fotometria, cioè l’analisi della luce delle stelle dell’ammasso che viene utilizzata per creare un catalogo di stelle con cui costruire il diagramma H-R. Il diagramma ottenuto viene interpolato con le isocrone, cioè il modello teorico che meglio rappresenta la sequenza ottenuta sperimentalmente. Questo metodo è però affetto da grandi errori dovuti alle incertezze sulla distanza, sulla composizione chimica e sul reddening, cioè l’arrossamento dovuto all’assorbimento della luce da parte della polvere interstellare. Ci sono altri metodi per la determinazione dell’età di un ammasso. Li scopriremo nei prossimi post.
Restate con noi!
A presto!

Sara

M13, ammasso globulare situato a 25000 anni luce di distanza (Image credits: APOD)
Diagramma H-R dei più famosi ammassi aperti

SOLUZIONE ASTROQUIZ 19: come nascono le stelle?

Mega ciao!
SOLUZIONE ASTROQUIZ 19
Vi avevo chiesto dove si formano le stelle. La risposta corretta è: nelle nubi molecolari. So che l’altra opzione, le nebulose planetarie, potrebbe sembrare la più logica, visto il nome. Ma le nebulose planetarie sono quello che rimane dalla morte di una stella come il Sole. Alla fine della sua vita, una volta bruciato tutto il carburante, una stella di tipo solare espelle gli strati esterni del suo inviluppo, che vanno a formare una nebulosa planetaria, mentre il nucleo si contrae su sè stesso e diventa una nana bianca. Alcuni esempi di nebulose planetarie sono M57 (nebulosa ad anello, situata nella costellazione della Lyra) e M27 (nebulosa Dumbell, chiamata affettuosamente “Campanasso di vacca”, situata nella costellazione della Volpetta). Le stelle invece si formano nelle nubi molecolari, delle nuvolette di polvere e gas che si trovano nello spazio interstellare. Questi oggetti sono molto grandi, con dimensioni che possono arrivare ai 100 anni luce, e molto freddi, con temperature variabili tra -263,15°C e -173,15°C. Questi oggetti di solito si trovano in uno stato di equilibrio idrostatico, in cui la forza di gravità è bilanciata dalla pressione delle particelle. Le stelle si formano a seguito di eventi catastrofici che sconvolgono la nebulosa, come lo scontro con un’altra nube o il passaggio di un’onda d’urto generata dall’esplosione di una supernova vicina. A causa di questi eventi aumenta la pressione in una certa regione della nube, quindi si rompe la situazione di equilibrio e comincia il collasso gravitazionale, in cui le particelle vengono spinte sempre più vicine. Dato che è cominciato il collasso in una regione della nebulosa, si spezza l’equilibrio anche nel resto della nube. Quindi diversi pezzi di nebulosa cominciano a collassare in modo indipendente l’uno dall’altro, in un processo detto di frammentazione. Questo ci dice che da una sola nube molecolare si possono formare più stelle, che avranno quindi la stessa età e la stessa composizione chimica. La frammentazione della nube continua finchè il frammento più piccolo non ha una massa inferiore a 0,1 masse solari. Tornando al primo pezzo di nube in collasso, la densità cresce finchè questo frammento non diventa opaco alla radiazione infrarossa. Questo significa che tutto il calore e l’energia prodotti non riescono ad uscire e vanno quindi ad aumentare la temperatura e la pressione, fino a che non si ristabilisce una sorta di equilibrio. Il collasso si ferma e diventa una contrazione quasi statica. Possiamo dire che si è formata una protostella, che sarà circondata da un disco di gas e polvere composto dal materiale che non è collassato. Questo disco si chiama disco protoplanetario. La protostella si mangerà parte del materiale di questo disco, andando ad accrescere la massa. L’equilibrio sarà di nuovo rotto e comincerà una nuova fase in cui si alterneranno periodi di collasso a periodi di equilibrio. Questa fase continuerà finchè il nucleo della protostella non raggiungerà temperature abbastanza elevate da innescare i processi di fusione nucleare dell’idrogeno, che finalmente accendono la stella! Alcuni esempi di nubi molecolari sono M16 (Eagle Nebula, situata nella costellazione del Serpente) e M42 (la grande nebulosa di Orione).
A presto!

Sara

M57 (Image credits: NASA)
M42 (Image credits: NASA)
M16 (Image credits: NASA)

Il diagramma H-R

Mega ciao!
Abbiamo visto come sarà l’evoluzione del nostro Sole. Adesso andiamo a vedere com’è fatto il diagramma di Hertzsprung-Russell. Questo diagramma ci mostra come evolvono stelle di diversa massa. Sull’asse delle ascisse (asse x) abbiamo la temperatura, che decresce andando verso destra, mentre sull’asse delle ordinate (asse y) abbiamo la luminosità, che cresce andando verso l’alto. Le stelle vengono divise in diverse classi spettrali in base alla loro temperatura (O, B, A, F, G, K e M). Esiste una frase molto carina che permette di ricordare le diverse classi, partendo dalla più calda: Oh Be A Fine Girl, Kiss Me! Qui le lettere maiuscole denotano le diverse classi. Le stelle di tipo O sono le più calde e possono raggiungere temperature superficiali maggiori di 30000 K (dove la K indica i gradi Kelvin), mentre le stelle di tipo M sono le più fredde con temperature superficiali di appena 2300-3000 K. Le temperature ci danno un’indicazione sul colore delle stelle: quelle più calde saranno blu, mentre le più fredde saranno rosse. Le stelle intermedie tra questi due estremi saranno azzurre, bianche, gialle e arancioni. Nel diagramma si nota subito una linea diagonale, che parte in basso a destra e arriva in alto a sinistra. Questa linea rappresenta la sequenza principale, cioè la fase della vita di una stella in cui gli atomi di idrogeno vengono fusi tra loro attraverso reazioni nucleari per formare atomi di elio. La fase principale ha una durata che dipende dalla massa della stella: per stelle di 0,1 masse solari (classe spettrale M) dura più di 1000 miliardi di anni, per il Sole (classe spettrale G) 10 miliardi di anni, mentre per stelle di 60 masse solari (tipo O) dura appena 3,6 milioni di anni. Questo perchè le stelle più massicce necessitano di più energia per mantenere la condizione di equilibrio idrostatico, cioè in cui forza di gravità (che tende a far convergere la materia verso il centro) è bilanciata dalla pressione idrostatica delle particelle (che spinge verso l’esterno), dunque bruciano più velocemente il loro carburante. Una volta terminata la sequenza principale, le stelle si spostano verso destra nel diagramma H-R. Se la stella è di classe spettrale O, B o A evolve diventando una supergigante, mentre le stelle delle altre classi spettrali diventano giganti. Finito tutto il “carburante” le stelle come il Sole si spostano nella regione in basso a sinistra del diagramma, diventando delle nane bianche. Queste sono stelle morte, che non sono più sostenute dai processi di fusione nucleare, quindi piano piano si raffredderanno e diventeranno invisibili. L’evoluzione di stelle più massicce invece porta alla formazione di una stella di neutroni o di un buco nero.
A presto!

Sara

L’evoluzione del Sole

Mega ciao!
Il Sole è una stella nana gialla, con una temperatura superficiale di circa 5300°C. Le temperature nel nucleo però sono estremamente più elevate, infatti devono supportare le reazioni nucleari che, nella fase principale, fondono 4 atomi di idrogeno in un atomo di elio. La temperatura nel nucleo del Sole supera i 15 milioni di gradi centigradi. La nostra stella ha circa 4 miliardi e 700 milioni di anni e si trova ancora nella sequenza principale (la riga diagonale che parte in basso a destra e procede verso sinistra nel diagramma H-R qui sotto). Tra circa 5 miliardi di anni, finito di bruciare tutto l’idrogeno, si espanderà in una stella molto più grande: una gigante rossa, che arriverà ad inglobare l’orbita di Marte. A questo punto brucerà l’elio tramite reazioni nucleari, in particolare tramite la triple alfa reaction (reazione a tre alfa), in cui tre atomi di elio-4 vengono fusi tra loro per formare un atomo di carbonio-12. Terminato anche l’elio però non riuscirà a raggiungere temperature abbastanza elevate da innescare in bruciamento del carbonio. Espellerà quindi gli strati più esterni dell’inviluppo, che andranno a formare una nebulosa planetaria, mentre il nucleo comincerà a contrarsi su sè stesso, fino a diventare una nana bianca.
A presto!

Sara

Il transito della ISS sul disco solare (Image credits: APOD)
Il diagramma H-R

Il Sole

Mega ciao!
Il Sole è stato osservato per la prima volta al telescopio da Galileo Galilei. L’astronomo ha scoperto che la superficie del Sole non era omogenea, come prevedevano le teorie aristoteliche, ma aveva delle macchie scure. Queste sono le macchie solari, regioni della superficie del Sole con una temperatura un po’ più bassa rispetto al resto. Quindi se la superficie è a 5777 K (cioè circa 5503°C), le macchie si trovano a circa 4500 K (cioè circa 4220°C). Galileo utilizzò le macchie solari per determinare il periodo di rotazione del Sole attorno al suo asse, che stimò essere di circa 25 giorni. Con telescopi e filtri più avanzati è possibile osservare altre caratteristiche della nostra stella, come la granulosità e le protuberanze. La superficie solare non ha un colore omogeneo ma sembra essere fatta di tanti granellini di sabbia (da qui il termine granulosità). Questa caratteristica è dovuta al trasporto di calore tramite moti convettivi all’interno del Sole. Le protuberanze sono getti di materia che partono dal Sole e vengono sparati nello spazio. A volte appaiono come dei lunghi fili, altre come dei getti che partono da un punto della superficie e ricadono in un atro formando un arco.
Domani, durante l’osservazione pubblica del Sole dalle 10:30 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 17:30 in osservatorio, potrete ammirare la nostra stella con due strumenti diversi, che permettono di evidenziare caratteristiche differenti. Per informazioni chiamatemi entro stasera al numero 3290689207.
Vi aspettiamo numerosi!
A presto!

Sara

SOLUZIONE ASTROQUIZ 18

Mega ciao!
Devo dirvelo, questa volta siete stati proprio bravi! Avete risposto tutti correttamente al mega gioco di ieri.
SOLUZIONE ASTROQUIZ 18
Vi avevo chiesto se astronomia e astronautica hanno dei risvolti nella vita di tutti i giorni. La risposta corretta è: SI.
So che ad alcuni può sembrare una domanda banale, ma vi posso assicurare che c’è chi viene alle osservazioni pubbliche e mi chiede a cosa mi serve questa roba nella vita reale #prendofuoco. Allora direi di partire a descrivere un po’ di cose inventate per l’astronomia e l’astronautica che usiamo tutti i giorni.
I PANNELLI SOLARI sono stati perfezionati per fornire energia elettrica alle sonde, ai satelliti e alle navicelle spaziali.
Il VELCRO è stato inventanto per le prime missioni umane nello spazio, tra cui le missioni Apollo, in modo che gli astronauti non perdessero manuali di istruzioni e altri oggetti utili in giro per la navicella, cosa che avrebbe causato uno spreco di tempo enorme.
Le COPERTE SPAZIALI sono coperte termiche utilizzate dai soccorritori, nei vestiti, nei rivestimenti degli edifici e nelle risonanze magnetiche.
Le FOTOCAMERE DEI CELLULARI provengono dalla ricerca astronomica. Nel 1969 sono stati inventati i primi CCD (Charge-Coupled Device) che sono stati perfezionati per ottenere immagini astronomiche con risoluzione sempre più alta. La tecnologia utilizzata è stata successivamente adattata ai vostri cellulari.
Per non parlare dello sviluppo di software per i vostri COMPUTER. L’IBM è stato utilizzato per mandare il primo americano in orbita attorno alla Terra in un volo di 4 ore e 55 minuti. John Glenn è partito a bordo dell’astronave Mercury-Atlas 6 il 20 febbraio 1962, dopo che un team di donne altamente qualificate aveva programmato l’IBM per ogni fase della missione. Da allora notevoli passi avanti nello sviluppo dei software vengono fatti ogni giorno in astronomia e in astronautica, software che usate anche voi!
Le COLTURE IDROPONICHE, ovvero coltivazioni che non necessitano di terra, sono state sviluppate per le missioni spaziali. Le piante vengono fatte crescere su un sottilissimo strato di sostanze nutritive. Queste possono essere coltivate per fornire cibo agli astronauti per missioni a lungo termine, ma anche sulla Terra evitando di sovraccaricare i campi.
Ci sarebbero ancora tantissimi altri esempi di come l’astronomia e l’esplorazione spaziale abbiano risvolti nella vita di tutti i giorni, ma mi fermo qui.
A presto!

Sara

Alla ricerca di una nuova Terra

Mega ciao!
La ricerca di pianeti extrasolari sta andando forte negli ultimi anni. L’anno scorso è stato lanciato un telescopio dedicato solo a questo obiettivo: TESS. La missione ha dato da subito dei buoni risultati, aiutando a portare il conto degli esopianeti oltre la soglia dei 4000. La notizia bomba delle ultime settimane è che TESS ha scoperto un sistema particolarmente interessante: GJ 357. Il sistema è composto da una stella nana di classe spettrale M, di circa 0,33 masse solari e con una temperatura di circa 3231°C, e da ben tre esopianeti. Il pianeta GJ 357 b è il 22% più grande della Terra e ha una temperatura di 254°C. Questo pianeta viene descritto come una Terra calda, quindi non può ospitare la vita, ed è uno degli esopianeti più vicini scoperti fino ad ora. GJ 357 d è invece molto più interessante. Infatti questo pianeta si trova ai limiti della fascia di abitabilità, cioè della regione del suo sistema planetario in cui le temperature sono tali da permettere la presenza di acqua liquida. Il pianeta riceve la stessa quantità di energia stellare che riceve Marte dal Sole. Sappiamo che un tempo sul Pianeta Rosso erano presenti oceani, quindi è plausibile che anche sulla superficie GJ 357 d ci possa essere acqua liquida, sempre che il pianeta abbia un’atmosfera adeguata. GJ 357 d ha una massa di almeno 6,1 masse terrestri e orbita attorno alla sua stella in circa 55,7 giorni terrestri, ad una distanza equivalente al 20% di quella tra la Terra e il Sole. Non si conoscono ancora le dimensioni e la composizione di questo pianeta, ma se è roccioso è plausibile che abbia una dimensione non superiore al doppio di quella terrestre. Il pianeta centrale, GJ 357 c, ha una massa di almeno 3,4 masse terrestri, ha una temperatura superficiale di 127°C e orbita attorno alla sua stella in 9,1 giorni terrestri. Il sistema merita di essere studiato approfonditamente, dato che su GJ 357 d potrebbero esserci le condizioni adatte per ospitare la vita. Inoltre è particolarmente vicino: è situato nella costellazione dell’Hydra (a Teschio Rosso piace questo elemento) a soli 31 anni luce di distanza.
A proposito di esopianeti vi ricordo che avete tempo fino al 10 ottobre per partecipare al concorso NameExoWorlds, basta che vi colleghiate al sito altrimondi.inaf.it/iau100.
Vi ricordo inoltre che questo sabato ci sarà osservazione pubblica del Sole dalle 10:30 alle 17:30 presso il nostro osservatorio. Per informazioni chiamatemi al numero 3290689207 entro domani sera (sabato non risponderò in quanto in osservatorio i cellulari non prendono).
A presto!

Sara

Il sistema GJ 357 (Image credits: NASA)
Teschio Rosso (Image credits: MARVEL)